La «base senza leader» passeggia nel Circo Massimo tra gli stand dell’Italia a 5 Stelle, fa la fila per prendere un caffè equosolidale, si assiepa più che altrove davanti al banchetto delle stampanti 3D, ascolta i capigruppo nelle commissioni di camera e senato che si alternano allo «speaker’s corner» allestito giù in fondo davanti al tendone dei parlamentari. Ma quando il leader che non vuole essere definito tale a sorpresa fa sentire la sua voce dal grande palco, la base risponde e corre eccitata a riempire l’area dove fino a metà pomeriggio né la musica né gli interventi dei pentastellati ammessi sulla ribalta principale riescono a attirare pubblico, salvo poche decine di persone.

Per fare numero ci vuole Beppe che, atteso per le 21.15 insieme a Edoardo Bennato, già aveva deciso di aprire la giornata con la sua presenza sul palco per annunciare, oltre alla lotta «con ogni mezzo contro il Jobs act», il lancio di un referendum sull’euro e il reddito di cittadinanza, mentre gli addetti alla comunicazione spiegavano che quello dell’ora di cena sarebbe stato un «intervento bomba».

Del resto la questione dei numeri tiene banco, Grillo se la prende con i soliti giornali («tra un anno chiuderanno», sono le sue parole di incoraggiamento) che avrebbero dato una versione non veritiera della giornata di venerdì, facile mostrare le foto dell’area ancora in allestimento e parlare di flop, protesta fin dal suo arrivo in mattinata, e va sul sicuro perché il tiro alla stampa è uno sport che tra i 5 Stelle ha un certo seguito e il coretto «venduti, venduti», «vergogna vergogna» non si fa attendere.
Non che sia per tutti così, c’è l’addetto alla sicurezza, per esempio, disposto anche a far entrare i curiosi nell’area di pratino transennata dove sindaci e consiglieri comunali si stanno scambiando idee sul tema rifiuti. Poi ci sono gli attivisti che tormentano la giornalista di Rainews rendendole complicatissimo fare la sua cronaca e c’è Gianroberto Casaleggio che forse ha dormito male e passeggiando tra gli stand con lo sguardo fisso fa capire senza giri di parole che le domande dei cronisti non sono gradite: «Serve che vi leviate dai coglioni». Grazie.

Il Movimento che cerca di riassestare la barra dopo aver perso il derby «rabbia contro speranza» lanciato da Matteo Renzi per le europee naviga tra le contraddizioni. Ci sono i parlamentari che dal loro palchetto chiedono ai militanti di trasformarsi in organi di informazione, nella «nostra tv» perché i media ufficiali censurano o manipolano, e i leader o come preferiscono fasi chiamare che sfanculano. Mentre i consiglieri comunali o regionali arrivati da tutta Italia vorrebbero illustrare le loro battaglie sui territori, parlare di Muos e trivellazioni. C’è il cartello dell’M5S di Grosseto, spiega che «il portavoce ideale del Movimento agisce per quanto possibile nell’ombra e lascia che siano i cittadini ad essere protagonisti», e i leaderini in erba che si destreggiano abilmente davanti alle telecamere spiegando che «non parlavo dell’Isis, ma di Hamas» (Alessandro Di Battista a proposito del suo famoso post sulla «trattativa» possibile) o che la questione della leadership non è all’ordine del giorno, «non aspettatemi la mia investitura, non ci sarà niente di tutto ciò», assicura il vicepresidente della camera Luigi Di Maio, anche lui come «Dibba» molto ricercato per i selfie. E c’è il sindaco di Parma Federico Pizzarotti un po’ polemico un po’ no, «il problema non è il palco, è bellissimo stare tra la gente» ma «se mi invitano vado», «bisogna essere più concreti» e «organizzazione non è gerarchia», anche lui con il suo gruppetto di fan. Ci sono i rimpianti, «l’avete capito sì o no che Bersani è mille volte meglio di Renzi», incalza un militante e se qualcuno concorda Di Maio nega perché «in questo momento la minoranza Pd è ancora più miserabile della maggioranza Pd» (allora è vero che vuole dialogare con Renzi…) e c’è Antonio Di Pietro che compare tra i gazebo e pure lui si fa le foto.

Ma soprattutto e tutti c’è Beppe Grillo che dice «non è da noi essere istituzione, non siamo compatibili, dobbiamo fare meno mozioni in parlamento e andare più tra la gente, in parlamento ci sono i nominati come Renzi» ma «noi andremo a governare questo paese e lo cambieremo in pochissimo tempo». I «nominati» a 5 Stelle stanno a guardare, è Beppe il leader indiscusso e lui lo vuole dimostrare con le sue apparizioni a sorpresa. A metà pomeriggio sale di nuovo sul palco per chiamare l’esercito italiano a Genova, «voglio che arrivi lì al casello prima di Renzi e che cerchi di dare una mano» e «questa gente va fermata con l’esercito». E poi ricompare dall’alto, in cima a una gru come una rockstar, e ferma anche il traffico, quando scende, «in questi due giorni sono stato circondato da fan, persone che mi vogliono bene perché hanno capito che io voglio bene a loro».

Alle nove di sera, quando ormai sotto al palco c’è il pieno, arriva Bennato per introdurre Beppe & Casaleggio (simpatico come un mal di denti, attacca di nuovo i giornali, dà una breve dimostrazione di non conoscere la Costituzione e rimanda a un suo video per approfondimenti) e ancora Beppe, che se la prende con i «culi pelati» dell’Europa e l’annuncio «bomba» chissà se arriverà o se è «usciremo dal parlamento» (nel senso dell’invito ai parlamentari a andare in piazza che «vengo anch’io»), ma intanto scrosciano applausi.