L’Istituto Superiore di Sanità (Iss) vuole ritagliarsi uno spazio di comunicazione tutto suo. Perciò, accanto al quotidiano incontro con la stampa alla sede della Protezione civile delle 18, d’ora in poi due volte a settimana l’Iss presenterà il suo punto di vista sui dati in un appuntamento separato, con qualche analisi in più e qualche confusione in meno rispetto alle tabelle del governo. Il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e quello del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli hanno inaugurato ieri il nuovo stile comunicativo.

Nel rapporto presentato dagli esperti, alcune tendenze si confermano. Ad esempio quelle relative al diverso impatto dell’epidemia su uomini e donne. I maschi sono il 58% dei contagiati e ben il 70% delle vittime. La letalità tra le donne è del 6,5%, poco più della metà di quella osservata negli uomini (11,4%).

Nei i dati spiccano quelli relativi agli operatori sanitari coinvolti dall’epidemia, anche se scontano qualche giorno di ritardo. Il numero assoluto è di circa 6400 contagiati. Fino al 23 marzo (dopo i dati sono ancora incompleti) hanno rappresentato stabilmente oltre il 10% del totale dei malati, superando anche il 15% alla fine di febbraio e a metà di marzo. Tra di loro, la letalità appare inferiore a quella generale (0,2% contro 10%). Come ha spiegato Brusaferro, questo si spiega con la maggiore sorveglianza epidemiologica tra chi lavora in ospedale, e all’assenza delle fasce di età più avanzate. Dato che il report conta solo undici morti, mentre il dato sui medici raccolto dalle associazioni di categoria è di oltre quaranta vittime, il dato potrebbe essere però sottostimato.

È interessante notare una differenza di genere rispetto alla popolazione generale: mentre di solito gli uomini risultano più colpiti dal virus delle donne, tra medici e infermieri la proporzione si inverte e le donne rappresentano oltre i due terzi degli operatori contagiati.

Disaggregando i dati relativi agli operatori sanitari regione per regione, si scopre che oltre il 70% (4585 in tutto) degli operatori sanitari contagiati sono in Lombardia, dove rappresentano il 13% dei casi totali. In Friuli-Venezia-Giulia arrivano al 14% del totale. In Molise sono solo 21 i sanitari contagiati, ma rappresentano ben il 28% degli infetti della regione. E a questi dati sfuggono i dati relativi alle case di riposo.

La Lombardia è l’area più colpita rispetto alla popolazione, con 347 casi ogni centomila abitanti, e questo non sorprende. I territori che seguono a ruota sono aree montane come la Val d’Aosta (318 casi) e la provincia di Trento (225). I dati assoluti sui contagi nella popolazione però sono sempre più incerti, per la difficoltà di effettuare i tamponi anche solo sui malati sintomatici che rimangono in isolamento domiciliare. Lo dimostra il tempo medio che trascorre tra l’insorgenza dei sintomi e l’effettuazione del tampone: dai tre giorni della fine di febbraio è salito fino ai cinque giorni dell’ultima settimana.