Poliedrico, ironico, un po’ cinico e a tratti grottesco, Donato Sansone torna nella città di Pesaro per la 57° edizione della Mostra del Nuovo cinema che dedica una personale al lavoro sperimentale e visionario dell’autore lucano. Negli anni Sansone è riuscito ad attirare l’attenzione internazionale, le sue opere sono state candidate diverse volte al premio César così come sono prodotte e distribuite da Autour de Minuit, grazie a una tecnica di animazione e a un segno inconfondibile che punta alla trasformazione del corpo e della materia.

Come nascono i tuoi progetti e le tue idee?
I miei lavori nascono da un’intuizione primaria, da idee che improvvisamente mi balenano nella mente, altre volte inizio da un foglio bianco e da un semplice tratto della penna, giocando e scoprendo delle concatenazioni tra forme e concetti. È un gioco da grandi, un meccanismo quasi magico: parto da un elemento che poi si riempie, si trasforma fino a diventare una storia. Passo buona parte della mia giornata a lavorare anche se dopo le vacanze mi sono un po’ impigrito, ma devo riprendere per finire un lavoro per lo scrittore Ammaniti.

Come ti rapporti al fondo nero o allo spazio bianco nei tuoi lavori, dove non si percepiscono limiti?
Per me un foglio bianco è uno spazio dove visivamente accade qualcosa che si evolve liberamente, ma presuppone che ci sia già qualcosa come le ombre del foglio. Il nero invece parte dal nulla assoluto, ma a livello di significato è più denso, anche una lucina può renderlo pieno. Io preferisco il nero perché mi fa pensare a una dimensione interiore, a uno spazio mentale: quando immaginiamo o sogniamo, vediamo le cose un po’ nella penombra.

I tuoi lavori sono impregnati d’ironia e di un cinismo che sfocia molto spesso in un «politically incorrect».
Mi piace molto giocare e scherzare e a volte sono anche abbastanza cinico come nel corto Ghostcras, dove gioco con delle riprese d’incidenti d’auto e pensandoci mi spiace se qualcuno può essersi fatto male. Però sono molto propositivo, ho molta fiducia è li ritrovi l’ironia. Aggiungerei che nei miei lavori c’è anche una linea grottesca con cui manipolo la realtà e la trasformo in qualcosa di surreale e onirico. Per quanto riguarda il politically incorrect diciamo che non mi controllo, sono trasparente e assolutamente istintivo, nel senso che cerco di non dare una spiegazione o di essere corretto. Infatti, sotto alcuni aspetti sono un po’ immaturo però come i bambini che non si chiedono se una cosa è corretta oppure no o se può offendere, lo fanno e basta. A me piace questa spontaneità e soprattutto di poter giocare quando faccio i miei film. Per me l’arte e i miei lavori sono una liberazione estrema e, almeno lì, non voglio dover controllare le mie idee. Quindi si sono grottesco, non corretto, cinico e un po’ malsano ma nella quotidianità sono sensibile e dolce, aspetti forse che nel mio lavoro scompaiono.

Invece nei lavori dove il tema dell’amore è centrale e che rappresenti come una lotta viscerale e comica, alla fine tutto si trasforma in passione e tra i disegni di corpi scomposti compare la delicatezza dei colibrì.
Gli elementi che costituiscono i miei lavori sono due: uno più cupo e oscuro, un’inquietudine che mi porto dentro e che a livello visivo diventa deformante, e poi la dolcezza e positività verso la vita, l’amore, il rispetto e l’affetto verso le persone e il genere umano che mi porta a essere molto sensibile, come l’immagine del colibrì che è piccolo e delicato, non ha bisogno di grande spiegazioni è qualcosa di bello.

Nei tuoi lavori è sorprendente come un segno diventi materia: corpi che trasformi, scomponi e ricomponi.
È qualcosa che porto con me fin da ragazzo quando dipingevo e avevo a che fare con quello che mi piace di più: la tela e il colore puro che puoi plasmare. Quest’amore per la materia è rimasto anche nel passaggio verso il digitale che è l’immateriale per eccellenza. Lavoro molto con il digitale e mi manca l’utilizzo più artigianale, materico dei materiali quindi cerco quantomeno di simularlo e riportarlo all’interno del video come in Portrait dove è forte il richiamo alla pittura. Per me il tema del corpo è centrale, è esistenza nella sua totalità: tutto avviene attraverso il corpo e il sentire del corpo, modificarlo significa trasformare uno stato di consapevolezza. Ecco perché mi piace manipolare il corpo inteso come manipolazione della coscienza, della percezione della realtà. Penso che il corpo sia l’unica cosa reale che abbiamo. I concetti, le idee, tutto può essere messo in discussione ma non il corpo, è uno stato reale e mi piace che tutto lo attraversi.

Tra gli elementi con cui giochi ci sono anche la sessualità e i riferimenti alla cultura anni 80.
Per me il desiderio e l’attrazione sessuale per il corpo femminile e per la carne sono importanti. Nel senso che ogni cosa può essere sexy e la bellezza è qualcosa di molto sottile ed è molto interessante scoprire la bellezza proprio lì dove non ti aspetti e può essere anche molto sexy. Per quanto riguarda la cultura anni ‘80 sono cresciuto con quei riferimenti, per esempio adoro Cronenberg e ci sono diversi riferimenti ai suoi film come la pistola di Videodrome oppure eXistenZ, ma anche i Simpson e gli anime giapponesi.

Guardando i tuoi lavori c’è un passaggio dal disegno alle immagini reali che scomponi e rimonti come in «Ilvatronic».
Il lavoro sull’Ilva mi è stato chiesto per il concerto del primo maggio dall’amico Giorgio Testi, produttore e regista bravissimo che ha realizzato un documentario sull’Ilva e voleva che contribuissi con un mio lavoro. Sono partito da dei filmati, dove ho scomposto, sezione per sezione, l’immagine dell’Ilva per ricreare all’interno dell’inquadratura un soggetto nuovo. Ci vuole un po’ di bravura e inventiva, dove sperimento nuove tecniche e lavoro con ogni tipo d’immagine: nuove, già esistenti, stop-motion, disegno l’importante è scoprire qualcosa di nuovo. Ora voglio provare a fare un lungo di animazione sul genere horror che amo molto. Vorrei lavorare sul romanzo La notte eterna del coniglio di Giacomo Gardumi che mi ha dato piena libertà sul trattamento del testo.