Io mi chiamo Pasquale Cafiero
e son brigadiero
del carcere
dè Capua-Vetere-Santa-Marìa che è casa mia dal ’73,
ma al centesimo altro pestaggio
alla sera mi sento
uno straccio,
per fortuna che al braccio speciale/c’è un boss criminale,
che tratto da re.

Nelle celle degli altri,
i «comuni»
ci stano drogati immigrati
e ricchiò,
che ca’ scusa
dellà pandemia
qui a Santa-Maria
hanno fatto i falò
con l’interno dei materassi e ora dormono sopra ai sassi,
e le visite delli parenti
a ’sti quattro fetienti,
levate le ho.

Mi cercavano le mascherine/ il gel, il sapone, ma chiè che cell’hà?
Nelle celle che stanno in 21 c’è sempre qualcuno
ca nu’ ce vo sta’,
se volevano stare da soli/ non dovevano fare i mariuoli,
che affiliandosi a un clan di camorra/ coi tempi che corra,
si sta da pascià.

E ci porto il caffè,
colle zeppole e coi bignè,
alla cella che pare una reggia,
del boss criminale che tratto da re!

Io mi chiamo Cafiero Pasquale/ e dentro i filmati
mi vedi da te,
sono quello che dà
i fecuzzùni/ in capa al chiattone su a sedia a rote’,
sarà cionco però è un animale/ non lo dicono
al telegiornale,
e a quel negro che tiene
la scabbia/ venisse Cartabbia, a servirgli
anche il tè.

Per fortuna qui al braccio speciale/ ci sta la mochetta,
i divani e il bidè,
così quando pel troppo menare/ so’ tutto sudato
e mi sciacquo il pise’,
certo, sempre cercando il permesso/ alla spalla del boss o a lui stesso,
è importante portare rispetto/ a quel bosso perfetto,
che parla con me.

Nelle celle comuni è tutto un lamento/ assai meglio se resto di quà
dentro al braccio speciale col boss criminale/ lontano dai quaquaraccuà
se gli faccio gli ziti
al cinghiale
mi fa pure vedere
il mondiale,
dopo l’ultimo gol
di Giorgigno
mi fece un bel ghigno,
ordinando o’ cafè.

Perché faccio un caffè,
così buono che vale per tre,
nella cella che pare
una reggia,
del boss di camorra
che tratto da re!