Artusi Remix è il nuovo libro, edito Mondadori, di Daniele Di Michele alias Don Pasta, che così recita in copertina “Viaggio nella cucina popolare italiana. Ricette e racconti”.

Le ricette sono quante più possibile si possa inserire in un librone che tenta, alla luce dei lustri che intercorrono tra l’autore e un’icona storica della gastronomia nazionale, di fare il sunto di una questione tanto interessante quanto spinosa: la cucina dello stivale.

Il tentativo è interessante, soprattutto alla luce del palese amore che scaturisce dall’intento di Don Pasta. Si tratta di un progetto partecipativo, “una sorta di censimento della cucina locale, popolare e familiare”. Ogni ricetta viene raccontata in seconda persona, un dialogo confidenziale che incarna la necessità che lo spinge. Trovare cioè una narrazione che, inglobando il cibo, tenti di andare anche molto oltre. I racconti che le precedono sono ciò che fa la differenza con un ricettario tout court. Di Michele non ci lascia soli e timorosi nell’affrontare preparazioni sconosciute e a volte ostiche, ci prende per mano, ci racconta una storia. A volte personale, altre riferita al donatore del sapere di quel momento, altre ancora istituzionale. Quel che è certo è che potremmo sfogliare queste pagine anche senza l’intenzione reale di metterci ai fornelli. Potremmo, anzi, decidere di dare un’occhiata all’Artusi Remix in una di queste giornate piovose, stando su un divano, con la voglia di leggere il racconto della signora tal dei tale scoprendo, attraverso il suo risotto, una parte di storia d’Italia. Oppure, guardarci i video che sono stati girati in collaborazione con Treccani e Corriere tv, dove parecchie delle ricette sono state filmate proprio mentre venivano realizzate da queste “Nonne d’Italia”.

“Ho iniziato a pensare al libro due anni fa.” Racconta Di Michele “gli incontri molto fruttuosi con l’editore e sopratutto con il Comitato scientifico di Casa Artusi nell’arco di questi due anni mi hanno aiutato sempre più a centrare le priorità, che erano: il partire da una sorta di censimento della cucina e il trattarne l’elemento affettivo che la gente ha quando ne parla. A gennaio scorso lanciai l’appello via web in cui chiedevo le ricette, che poi pubblicavamo sul sito Artusi Remix e discutevamo via net. Ne arrivarono centinaia. Verso aprile è iniziata la scelta e la redazione del libro vero e proprio. Ogni ricetta si apre con una riflessione sulla testimonianza ricevuta per poi finire con la ricetta. La testimonianza più bella è quella di Luca Cioffi con il suo ragù napoletano, la ricetta più affascinante per i suoi elementi simbolici, il carciofo arrosto sopra al Vesuvio con gli amici di Somma Vesuviana”.

Perché Remix?

“Perché si tratta di ricette di nonne ma inviatemi dai nipoti via Facebook. Siamo nell’epoca in cui ogni informazione, per essere comunicata, ha bisogno di venire integrata, masticata e contestualizzata rispetto a un linguaggio globale. Le ricette sono rigorosamente popolari, non sono rivisitazioni, ma è la struttura del libro che è un omaggio ai remix, ai sampling, ai campionamenti. Si prende un campione, che può essere un beat di James Brown come la testimonianza di mia nonna sulla parmigiana, e si usa per una traccia di hip hop su cui mettere rime proprie, in un certo senso”.

Parliamo della “deriva” per immagini del progetto. “Nonne d’Italia” è una serie di video ricette che raccontano anche qualcosa di più

Il lavoro video vuole diventare un lavoro più grosso. L’idea è che diventi una sorta di documentario su come sta la cucina italiana, in cui si cerca di capire cosa ci siamo persi per strada e cose invece si conserva. Per farlo ho incontrato pastori, pescatori, agricoltori, con l’intenzione di iniziare a parlare di cucina partendo da dove tutto inizia. Ho cercato di non lasciare fuori nessuno, per non perdermi nessun tassello. Ho incontrato detenuti, gente di periferia, persone anziane, militanti, per ritrovare la nozione intima della cucina popolare italiana. Il lavoro è iniziato grazie al sostegno di Treccani, che produce la serie di pillole che appaiono settimanalmente su Corriere TV, sotto il nome di Nonne d’Italia in cucina.”

Definisci il tuo approccio al cibo e il tentativo, non solo letterario, che stai facendo da lungo tempo utilizzandolo come tematica

In questo momento c’è un’enorme crisi del linguaggio attorno al cibo. A fronte di un’inflazione di programmi, articoli e riviste, c’è un netto impoverimento delle campagne, di chi fa pesca, c’è sopratutto un infinito impoverimento dell’alimentazione delle periferie delle grandi città. Due aspetti dello stesso problema: la perdita della memoria. Avevamo una cucina povera ma geniale, che partiva da pochissimi ingredienti. È quella cucina che ci ha resi famosi in ogni parte del pianeta, non la riduzione di scalogno”.

Abbiamo parlato del significato di Remix. Adesso raccontaci perché hai deciso di legarti alla figura dell’Artusi

L’intera operazione è stata costruita e pensata a monte con il Comitato Scientifico di Casa Artusi. Di comune accordo, di fronte all’aggressione comunicativa della cucina mediatica, che nulla ha a che vedere con la cucina popolare italiana, avevamo il desiderio di centrare nuovamente la discussione sugli elementi fondamentali che caratterizzano la cucina italiana, che sono quelli legati all’assoluta democrazia del sapere culinario, messa in crisi oggi da un linguaggio esasperatamente tecnico o totalmente incentrato su una presunta qualità dei prodotti fortemente elitaria. Scomodare l’Artusi, facendolo con il massimo del rispetto, significava in un certo senso mettere in puntini sulle i. Infine, il riferimento ad Artusi è dettato da un approccio al tema della cucina riferito alla sua di metodologia. Al concepire, cioè, la gastronomia italiana come un qualcosa da raccontare e non da descrivere tecnicamente.