Ospite del Sicilia Queer filmfest (dal 29 maggio al 5 giugno 2016, al quartier generale dei Cantieri Culturali alla Zisa), per celebrare, quarant’anni dopo, la presentazione di Novecento fuori concorso al Festival di Cannes (la stessa edizione in cui vinse il premio come miglior attrice per L’eredità Ferramonti di Mauro Bolognini), Dominique Sanda ha ricevuto a Palermo, la cittadinanza onoraria. Un’onorificenza che ci ricorda come l’attrice, da sempre, col mare abbia un rapporto molto intenso; è la sua biografia a raccontarcelo. «Il mare è parte della mia famiglia. Sarà che mio nonno materno, capitano di Marina (doppiò sette volte Capo Horn) – spiega l’attrice – lasciò una forte impronta su tutti noi nipoti. Ne eravamo attratti: del resto già solo l’idea del mare ti fa viaggiare, ti fa sognare le distanze».

Dev’essere questo vissuto ad averla messa in sintonia con La donna del mare, testo di Ibsen messo in scena nel 1999. Avrebbero voluto, dopo averla vista per la prima volta in Così bella, così dolce di Robert Bresson, portarla subito sul palcoscenico. Ma Dominique sapeva di essere ancora troppo giovane (esordì appena diciottenne). La spaventava l’idea. Solo col tempo, a poco poco, capì che era era necessario per un’attrice confrontarsi con il teatro. Da qui l’urgenza di affrontare la sfida. «Andai alla libreria in rue Bonparte, a Parigi, che oggi non esiste più; cercai tra le opere di Strindberg e di Ibsen, perché le pensavo più vicine alla mia sensibilità e tra queste ho sentito un titolo che mi chiamava: La donna del mare».

Desiderava che quel testo fosse il suo battesimo con il palcoscenico, ma non fu possibile. Troppo complesso il lavoro d’adattamento.Cominciò quindi facendo altro. In principio fu Madame Klein (1993) di Nicholas Wright per la regia di Brigitte Jaques. Ma non abbandonò l’idea. 6 anni più tardi riuscì a portare in scena il dramma di Ellida diretto da Bob Wilson. «Già da tempo sognavo d’essere parte di uno dei suoi quadri teatrali e pensavo che lui fosse la persona in grado di trovare la giusta soluzione per adattare il testo di Ibsen. Purtroppo però volle coinvolgere nel progetto di riscrittura Susan Sontag che ne tradì lo spirito. Mi ritrovai così coinvolta in uno spettacolo visivamente bellissimo, ma lontano dalla poetica originaria dell’opera. E questo mi è rimasto come una ferita nell’anima, tanto che più volte ho pensato di riprenderla».

Ibsen è forse tra gli autori che meglio raccontano il paesaggio interiore della Sanda. È lei stessa a suggerirlo ricordando quella volta che, invitata a Brescia da Cesare Lievi (direttore artistico del Teatro Stabile della città), in gita sul Lago di Garda scoprì delle vedute identiche a quelle che aveva immaginato quando lesse la prima volta La donna del mare. Fu Lievi a dirle che non si trattava di una casualità: proprio lì, per l’esattezza a Limone del Garda, venne scritta una parte del dramma Gli spettri. «Ritrovarmi in quel posto, sentire la presenza dello scrittore e scoprire che non si trattava solo di un’impressione mi ha fatto capire ancora di più la corrispondenza che c’è tra me e quel testo».

Parlare con Dominique Sanda obbliga a chiederle di Bresson. La scoprì e in un certo senso ha contributo a farla diventare la persona che è: «Robert mi ha influenzato moltissimo, mi ha formato. All’epoca di Così bella, così dolce ero poco più di un adolescente, e, come ogni persona di quell’età, non avevo una personalità ben definita. Interpretare Elle mi ha permesso di esprimere le inquietudini, le tensioni che stavo vivendo, tanto da non riuscire a capire, ancora oggi, quanto ci sia di me in lei e di lei in me». Nonostante questo Dominique continua però a preferire il personaggio raccontato da Dostoevskij in La mite, da cui il film è tratto, «perché lì è pura, mentre Bresson le ha dato un’ambiguità che mi ha condizionato. Da lì in avanti mi sono stati offerti ruoli di donne complesse, pericolose. E io non credo di essere una donna pericolosa».

Subito dopo Bresson c’è stato Bertolucci. Prima con Il conformista e poi Novecento: 45 settimane di riprese: «Bernardo ha l’enorme talento di coinvolgere a tal punto nella creazione che tutti investimmo molto amore nel progetto. Quel paesaggio dell’Emilia, l’abbiamo così introiettato, che non lo dimenticheremo mai». Dopo Saint Laurent di Bertrand Bonello, la sua ultima interpretazione del 2014, Dominique non ha progetti. Non è intenzionata ad abbandonare la recitazione («Se la gente mi vuole contattare mi può trovare. È un po’ complicato ma ci si riesce»). Sa di aver fatto cose davvero importanti con persone talentuose, e vorrebbe continuare così: «mi è piaciuto molto L’ombre des femmes di Philippe Garrel: devo scrivergli una lettera per dirgli che ho amato il suo film e che se in futuro avesse bisogno di me io lo raggiungerei subito. È un film molto bello. Oggi che è tutto esacerbato lui fa film delicati come una carezza, che raccontano di storie d’amore, in maniera semplice».