Una buona notizia dalla guerra civile siriana. Domenico Quirico è vivo. Proprio quando si temeva il peggio, l’inviato della Stampa, scomparso nel nulla il 9 aprile poco dopo il suo ingresso in Siria, ieri ha dato sue notizie con una breve ma importantissima telefonata alla moglie. Sarebbe stato rintracciato proprio nella zona Qusayr, la città rimasta per oltre un anno nelle mani dei ribelli sunniti anti-Assad e ripresa mercoledì scorso dall’Esercito governativo siriano con l’aiuto decisivo dei combattenti del movimento sciita libanese Hezbollah.

Ieri sera la ministra degli esteri Emma Bonino, confermando il ritrovamento del giornalista, ha chiesto «massimo riserbo» ai mezzi d’informazione fino alla conclusione positiva della vicenda. «C’è stato un brevissimo contatto tra Quirico e la sua famiglia. La Farnesina è stata subito avvertita e seguiamo costantemente e con tutti i nostri mezzi la vicenda», ha detto Bonino, aggiungendo che il ministero sta cercando di capire da dove arrivasse la telefonata per avere ulteriori informazioni. Il direttore della Stampa, Mario Calabresi, da parte sua ha ribadito che Quirico «è vivo» ma anche lui ha invitato al riserbo. «E’ un momento delicatissimo, di più non si può dire, bisogna ancora riportarlo a casa», ha spiegato. La prudenza, ha aggiunto Calabresi, è assolutamente necessaria e occorre evitare di «divulgare notizie non confermate».

Ieri sera, mentre chiudevamo questo numero del nostro giornale, era possibile soltanto fare delle supposizioni. Quirico con ogni probabilità è stato rintracciato poco dopo la riconquista di Qusayr da parte dell’Esercito siriano e la fuga dei ribelli ma l’informazione non sarebbe stata diffusa subito per motivi di sicurezza. Le sue prime notizie, dopo ben 60 giorni, sebbene con una breve telefonata, in ogni caso hanno riempito di gioia la famiglia, gli amici e i tanti che avevano rivolto appelli affinchè si avessero sue notizie. Pochi giorni fa erano state le figlie, Metella e Eleonora, a lanciare l’ultimo appello in ordine di tempo a cui era seguito un intervento di papa Francesco durante la messa di domenica scorsa in piazza San Pietro.

Quirico, 62 anni, è un reporter molto esperto che ha seguito diversi scenari di guerra. Sul sito del suo giornale viene descritto come «uno di quei giornalisti per cui ha ancora senso consumare le scarpe per andare alla ricerca non solo di una notizia, ma di qualcosa da raccontare ai lettori di oggi e alle generazioni future». Ha seguito le vicende africane degli ultimi vent’anni, dal Ruanda al Congo, alla Somalia. Negli ultimi tempi si era dedicato alla guerra in Mali. Per conto del suo giornale, ha viaggiato lungamente nei Paesi del Nord Africa per seguire la «primavera araba». Ad agosto 2011 in Libia, fu rapito insieme con due colleghi del Corriere della Sera e uno di Avvenire. Durante il sequestro fu ucciso il suo autista e tornò libero assieme agli altri giornalisti solo due giorni dopo. Ad aprile era entrato in Siria per la quarta volta. Pare dalla frontiera libanese, evidentemente per seguire proprio gli sviluppi a Homs e Qusayr dove si preparava la battaglia più dura mai combattuta tra le forze governative e i ribelli che avevavo stabilito le loro roccaforti in quella zona strategica. In quei giorni dopo una breve comunicazione con un collega, Quirico non aveva più dato notizie. Una scomparsa avvenuta negli stessi giorni del sequestro da parte dei ribelli anti-Assad di altri quattro giornalisti italiani, tra i quali Amedeo Ricucci della Rai, liberati dopo una decina di giorni. La famiglia di Quirico e la Stampa per lungo tempo avevano mantenuto il riserbo su quel silenzio totale poi hanno dovuto lanciare l’allarme. Appelli, richieste, iniziative non hanno portato a nulla, facendo temere il peggio. La svolta è avvenuta mercoledì, con l’ingresso dell’Esercito siriano e Hezbollah a Qusayr, la fuga dei ribelli. Ieri infine la telefonata tanto attesa.