A meno di 80 chilometri dalla frontiera incandescente del Brennero, si riapre il contenzioso fra l’autonomismo votato al Tirolo e la sussidiarietà in formato renziano. Bolzano torna alle urne in cerca di un sindaco meno evanescente di Luigi Spagnolli, al suo terzo mandato grazie al ballottaggio del 10 maggio 2015 e costretto a dimettersi il 24 settembre.
Molto più di un test locale. Meno scontato nei risultati politici. A Bolzano si anticipa di un mese il voto degli altri municipi italiani: dunque, un sondaggio tutt’altro che trascurabile per l’inquilino di palazzo Chigi. E soprattutto si è già innescata la «bomba etnica» fra i 106 mila residenti, che il censimento 2011 aveva certificato a maggioranza italiana con il 25% di lingua tedesca e solo 0,68% ladina.

La Südtiroler Volkspartei ha di nuovo le mani libere con l’obiettivo dichiarato di aggiornare il sistema ereditato da Silvius Magnago, padre del «pacchetto sudtirolese» e dello slogan Los von Trient! Ma è rispuntato nella scheda anche lo spettro degli Schützen con il sogno secessionistico di Eva Klotz: la destra anti-italiana invoca la «libertà» del Sud Tirolo con la nostalgia asburgica, e non solo.

Già così finisce in archivio l’ultima stagione del compromesso istituzionale, economico, linguistico. Il Pd di Renzi non sa più ritrovare il sentiero che fino a ieri teneva insieme la stella alpina della Svp, l’ecologismo sociale di Alex Langer, gli interessi transfrontalieri e le vette del benessere assistito. All’ombra delle Dolomiti, oggi si profila il rischio di una nuova stagione conflittuale alimentata dalle destre che equivarrebbe al tramonto dell’Euregio varata alla fine degli anni ’90 da Gunther Platter (capitano del Tirolo), Lorenzo Dellai (presidente della Provincia autonoma di Trento) e Luis Durnwalder per Bolzano-Alto Adige.

In riva all’Isarco e all’Adige sembra proprio al capolinea il «laboratorio» che distillava l’Unione europea con il filtro delle identità locali sconfinate proprio grazie a Schengen. Nel 2014 l’autonomia di Bolzano si traduceva in finanziamenti statali pari a 8.864 euro per abitante, il tetto massimo rispetto a tutte le altre regioni italiane. Oggi le risorse di Bruxelles come le «compensazioni» di Roma non garantiscono più certezze al tenore di vita e, soprattutto, a un’economia troppo spesso a fondo perduto.

È sintomatica l’onda che fa tremare la città, i suoi leader indiscussi e gli affari a senso unico. La campagna elettorale continua a far perno sul mega-progetto urbanistico lanciato nel 2013 dal miliardario austriaco René Benko: 200 milioni di investimenti e la promessa di mille posti di lavoro nella «rigenerazione» di 32 mila metri quadri nel cuore di Bolzano, con l’imprescindibile centro commerciale. Di fatto, è costato la poltrona a Spagnolli e chiunque diventerà sindaco ritroverà il dossier sulla scrivania.

Ma altrettanto simbolico è il «caso Olaf». Giovanni Kessler, figlio del mitico Dc Bruno e marito della giudice costituzionale Daria De Petris, è un magistrato in aspettativa: come direttore dell’Agenzia anti-frode Ue ha appena perso parzialmente l’immunità finendo sotto il tiro incrociato di Commissione e Parlamento europei.

Traballa perfino Sparkasse che vanta oltre 160 anni di storia intrecciata al denaro bolzanino. I vertici della banca si sono dovuti piegare alla trasparenza: ora si sa che al presidente Gerhard Brandstätter vanno oltre 260 mila euro lordi all’anno. E se il bilancio appena approvato segna un attivo di 4,3 milioni, nel 2014 Sparkasse aveva registrato conti in rosso per ben 234 milioni.

Christoph Franceschini, che ha ricostruito in un libro-inchiesta lo scandalo della società elettrica altoatesina, chiosa così la svolta maturata a Bolzano: «Premesso che stiamo parlando di un miliardo di euro per il bando sulle concessioni che riguardava 12 centrali Enel, è stata la prima volta che politici e manager sono caduti dalle stelle alle stalle. In Alto Adige ci si sentiva i primi della classe: non era affatto così. È stato uno schiaffo ai potenti, anche perché la giustizia locale ha mostrato imparzialità».

Insomma, le elezioni in quest’angolo di Nord Est apparentemente idilliaco produrranno in ogni caso un cambiamento. Tant’è che sulle urne sono già concentrati il gruppo Aspiag-Despar (1,7 miliardi di fatturato e incontrastata industria locale da oltre un decennio) e i sostenitori dell’alta velocità ferroviaria, dei nuovi cantieri autostradali, della logistica abbozzata dal ministro Delrio.

Prima dell’estate Bolzano avrà i suoi «magnifici sette» in Comune. Nessuno questa volta potrà permettersi di sbagliare calcoli, strategia, decisioni.