Romano Prodi ci ripensa. Il professore, che a fine novembre aveva comunicato amaramente la decisione di non votare alle primarie di un partito cui peraltro non è più iscritto, ha cambiato idea. È un effetto collaterale della Consulta. Tanto lo preoccupa l’eventuale (e improbabile) ritorno al proporzionale, e la cancellazione del bipolarismo, che però è già stato spazzato via dai voti reali a Porcellum vigente. «I rischi aperti dalla recente sentenza mi obbligano a ripensare a decisioni prese. Le primarie del Pd assumono oggi un valore nuovo», spiega, «difendere a ogni costo il bipolarismo».

Così l’ultimo miglio della campagna per le primarie si accende di uno dei pochi conflitti che ancora non era scoppiato. Bipolaristi contro proporzionalisti, o perlomeno bipolaristi scettici. Renzi è fra i primi e i renziani indicano l’anima dalemiana come cultrice del proporzionale, ergo – per un ragionamento molto cool – cultrice della prima repubblica. LE Parole di Prodi confermano la propaganda renziana. Ma il suo ritorno è una notizia «bellissima» per Cuperlo, che ieri ha chiuso a Firenze, oggi sarà a Bologna e in Veneto. «Molto contento» è anche Matteo Renzi, e ieri al Lingotto di Torino – posto denso di simboli per il Pd, tutti veltroniani -. Pippo Civati, che in questo mese ha molto battuto sul tasto dei «101» che affondarono la candidatura del professore al Colle, la prende come una vittoria morale, «la migliore notizia della campagna elettorale».

Le ultime ore prima dell’apertura dei gazebo sono quelle degli endorsement di lusso. Prodi non svela chi vota, ma il fratello Vittorio si entusiasma per Renzi. Civati incassa l’interesse Stefano Rodotà: con lui, dice il professore, c’è «una collaborazione che mi auguro continui nel modo più intenso e utile. È la politica del coraggio e dello sguardo sul futuro». Il deputato monzese è stato uno dei pochi Pd a schierarsi con Rodotà nei «giorni del Colle», e a partecipare al corteo per la Costituzione. Non solo, spiega Andrea Ranieri, suo supporter: «Pippo va ai cortei della Fiom, trova assurda la Tav, si batte per la piena attuazione del referendum sull’acqua pubblica invece di trovare i modi per eluderlo». I due candidati di sinistra si contendono fino all’ultimo voto. Per Gianni Cuperlo invece voterà Nicola Zingaretti, il popolare presidente della regione Lazio che però si è tenuto a debita distanza dal dibattito interno del partito.

Ma sono anche le ore degli ultimi frontali fra sostenitori. A Enna, in Sicilia, il seggio finisce nella segreteria particolare di Mirello Crisafulli, uomo delle mille polemiche schierato con Cuperlo. Il renziano Davide Faraone intima di spostare la sede «altrimenti la occupiamo». A Salerno è scontro titanico fra cuperliani (a meno del 3 per cento al congresso) contro Piero De Luca, figlio di Vincenzo, il sindaco-viceministro renziano in conflitto con il governo (e indagato dalla magistratura). A fare una battaglia impossibile per Cuperlo è sceso il giovane turco Matteo Orfini A Roma l’ex dc pro Cuperlo Beppe Fioroni presenta un appello contro l’adesione del Pd al Pse firmato da 887 amministratori. Ironizza l’ex candidato Pittella, che dopo l’eliminazione ha declinato la verve a favore di Renzi: «Che ne pensa Cuperlo?».
Renzi, dal canto suo, nelle ultime ore va a mille e non tiene le battute guascone. Ne fa le spese l’ex segretario Bersani: «Preferisco prendermela con quelli vivi e forti e non con quelli che hanno combattuto una battaglia e l’hanno persa», dice. Replica a brutto muso di Stefano Fassina: «Dopo aver riciclato nelle liste opportunisti dalle Alpi alla Sicilia, offende vigliaccamente Bersani».

Ma anche Renzi incappa in una gaffe da protagonismo. La mattina ’posta’ su facebook una sua foto con Mandela, scattata nel 2012 quando da sindaco volò a Johannesburg per consegnargli ’il fiorino d’oro’. Una botta di vanità e di cattivo gusto nei confronti del leader scomparso. La rete attacca e sfotte. Alla fine la foto viene cancellata. La giornata del favorito finisce a Milano, accanto al sindaco Pisapia, vicino Sel ma simpatizzante di Renzi.

La vera scommessa è l’affluenza al voto. L’asticella della decenza è stata ritirata al milione e mezzo- due di partecipanti. Al di sotto la legittimazione del futuro segretario ne uscirebbe male. «Mi azzardo a dire che potrebbero essere 2 milioni», prevede Davide Zoggia. Che però è il capo dell’organizzazione del Pd. Un bersaniano recentemente finito in freddo con i suoi. Al Nazareno circola voce che la macchina della propaganda dem si prepari proprio a certificare quei 2 milioni .