L’Assemblea generale dell’Onu si riunirà domani per votare una risoluzione contro la decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele. La sessione speciale, richiesta dai Paesi arabi, arriva dopo che Washington due giorni ha posto il veto a una risoluzione con questo stesso scopo al Consiglio di Sicurezza, dove gli altri 14 Paesi membri invece avevano votato a favore. L’approvazione dell’Assemblea generale è scontata ma le sue risoluzioni non hanno carattere vincolante. Per questo gli Stati Uniti e Israele non appaiono preoccupati per un voto che avrà, come tanti altri sulla questione palestinese, solo una carattere simbolico. Allo stesso tempo cresce l’isolamento diplomatico di Washignton, reso più evidente dalla decisione presa dal vice presidente Mike Pence di rinviare per la seconda volta in pochi giorni la sua visita in Medio oriente adducendo come giustificazione il voto del Senato Usa sulla riforma fiscale.

Si moltiplicano intanto le condanne della dichiarazione di Trump e gli appelli a riconoscere Gerusalemme est, la zona araba della città, come capitale di un futuro Stato palestinese. Tra questi si segnala quello del celebre direttore d’orchestra Daniel Barenboim, un ebreo, che in un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit, ha chiesto che il mondo «Riconosca la Palestina come hanno fatto con lo Stato di Israele». Nel quadro, ha aggiunto, di una soluzione a Due Stati in cui «Gerusalemme ovest sia capitale di Israele e Gerusalemme est della Palestina». Contro il passo fatto da Trump continuano a dichiararsi anche le Chiese cristiane. «Riaffermiamo la nostra chiara posizione nel chiedere il mantenimento dello status quo della Città Santa fino a quando non sarà stato raggiunto un giusto accordo di pace tra israeliani e palestinesi sulla base di negoziati e della legge internazionale», hanno scritto in un messaggio natalizio congiunto 13 patriarchi e leader cristiani di Gerusalemme, tra cui Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino (cattolico) di Gerusalemme, e il custode francescano di Terra Santa, Francesco Patton. «Qualsiasi approccio esclusivamente politico a Gerusalemme – affermano – priverà la città della sua vera essenza e delle sue caratteristiche e calpesterà il meccanismo che ha mantenuto la pace attraverso i secoli».