Sei ore prima del consiglio dei ministri che domani dovrebbe approvare il disegno di legge sulla «Buona Scuola» (il condizionale è ormai d’obbligo per un governo come quello di Renzi), l’Unione degli Studenti (Uds), Link e la Rete della conoscenza scenderanno in piazza in almeno quaranta città. La data del 12 marzo era stata lanciata più di un mese fa per riprendere il filo delle manifestazioni del 10 ottobre 2014 quando 100 mila studenti medi hanno protestato contro il Jobs Act e una riforma della scuola giudicata autoritaria, aziendalista e neoliberista. La confusione che l’esecutivo ha mostrato fino a oggi – dal 27 febbraio al 10 marzo, tre sono stati i rinvii di una decisione sull’assunzione dei docenti precari – ha attribuito a questa giornata di protesta un significato politico più ampio.

Lo si è visto ieri alla Camera dove in una conferenza stampa l’Uds ha presentato sette proposte per l’ «Altra Scuola», l’alternativa alla «Buona Scuola» di Renzi. Sono intervenuti, tra gli altri, il segretario della Fiom Maurizio Landini e Domenico Pantaleo della Flc Cgil, Nichi Vendola di Sel, Angela Nava (Genitori Democratici), Stefano D’Errico (Unicobas) e Marina Boscaino (comitato per la riproposizione della Legge d’Iniziativa Popolare – Lip). L’opposizione al Jobs Act e quella alla riforma della scuola si sono saldate nelle parole di Landini: «C’è una grande correlazione tra le istanze degli studenti e quelle dei lavoratori – ha detto – Nel nostro caso, ci siamo visti sottrarre i nostri diritti con il Jobs act, un provvedimento il cui testo è stato dettato direttamente al Governo da Confindustria. Nel vostro sta accadendo la stessa cosa: il Miur sta passando le proposte di Confindustria».

Il segretario della Fiom ha voluto legare la manifestazione studentesca di domani con quella promossa dai metalmeccanici il 28 marzo a Roma. «Sulla scuola assistiamo ad una convergenza ampia – conferma Danilo lampis, coordinatore Uds – I presupposti per un’unità di intenti ci sono tra soggetti sociali e sindacali diversi. E ci sono anche le proposte concrete per creare una scuola alternativa a quella di Renzi e del Pd».
Molto determinata è stata l’analisi di Marina Boscaino secondo la quale la riforma renziana è ispirata all’ideologia autoritaria dei «presidi-manager» (vecchio reperto berlusconiano con Brunetta e Aprea) e dalla burocrazia autoreferenziale del Miur: «La Lip, come del resto le proposte presentate dagli studenti, sono il frutto di processi che hanno lo scopo di coinvolgere il mondo della scuola in una consultazione reale, al contrario delle riforme imposte dall’alto da parte di questo governo». Per Pantaleo gli ultimi sei mesi hanno dimostrato «un fermento» nella scuola. Ora, si tratta di esprimerlo. «La discussione è chiusa nel governo, mentre il paese non discute – ha detto – C’è bisogno di riconquistare un terreno democratico per non cadere in un tecnicismo fine a se stesso».

Ciò che continua a destare indignazione è il trattamento riservato dal governo ai 150 mila docenti precari iscritti alle graduatorie ad esaurimento. Renzi li ha illusi con la prospettiva di una stabilizzazione che con ogni probabilità non ci sarà. «Trattare così i precari è angosciante – ha detto Vendola – hanno sopperito alla latitanza dello Stato e sono stati indispensabili per far mandare avanti la macchina». Le manifestazioni studentesche contro il governo, e l’invito di Landini a partecipare a quella della Fiom, preoccupano il Pd. Lo dimostrano le affermazioni di Simona Malpezzi (Pd). La componente della commissione Cultura della Camera ha invitato l’Uds a non costruire un’«altra scuola» con la Fiom che «non sembra aver messo in campo iniziative efficaci per tutelare milioni di giovani Neet». Cosa c’entrino i metalmeccanici con i Neet non è chiaro. Malpezzi forse li usa come una metafora per colpire come Renzi comanda il tentativo di «coalizione sociale» impostato da Landini. Pensare, come fa Malpezzi, che la critica degli studenti alla valutazione o alla chiamata diretta dei precari gestita dai «presidi-sindaci», all’assenza del diritto allo studio o al sistema di alternanza scuola-lavoro prospettata nella «Buona Scuola» sia un «punto d’incontro» con il Pd è una grave sottovalutazione della protesta. Gli studenti si muovono su un terreno di critica radicale al governo, come dimostra anche la loro partecipazione ai laboratori dello «sciopero sociale» organizzati dai movimenti e dai centri sociali.