Adesso cosa diciamo? Cosa le facciamo? Siamo sinceri. A noi figli e figliastri disperati di un pensiero illuminista disumanamente votato alla comprensione dell’altro e delle cose, perché così è andata a sbattere contro un muro la nostra storia lastricata di buone intenzioni, insomma a noi poveretti di sinistra, una come Dolores Valandro da Padova ci mette in crisi di brutto.

La consigliera leghista di quartiere, poverina anche lei, su facebook ha invocato lo stupro della ministra Cecile Kyenge. Perché è negra, argomenterebbe la consigliera. Ci felicitiamo perché Maroni l’ha cacciata? Capirai… Impugniamo il codice per inasprirlo un po’? E sono soddisfazioni… Stigmatizziamo e basta? Uff…

La verità è che la nostra cassetta degli attrezzi – non pensate ai ferri della santa inquisizione perché noi dobbiamo essere più buoni anche dei preti! – in questi casi risulta drammaticamente vuota. Ecco la tragedia, i nostri pensieri di riferimento sono falliti, questo mondo, e buona parte degli abitanti che lo infestano, fa piuttosto  schifo. Punto e basta (sui social network bisogna avere il dono della sintesi).

Però ci inalberiamo, lacerati come siamo tra il dovere di restare aggrappati alla democrazia – lo stesso sistema imperfetto che lascia libertà di “pensiero” alla Dolores – e la frustrazione di non poter nemmeno coltivare un immaginario alla Tarantino, ma verrebbe buono anche Scorsese: “Ehi dici a me? Stai parlando con me?”. Respiriamo forte, noi siamo per l’integrazione, e dobbiamo sempre cercare la giusta misura. Ragioniamo, ovvio. Per prima cosa (ma non possiamo) verrebbe voglia di prendere a calci quel simpatico di Voltaire, lui che ci ha insegnato a batterci fino alla morte per difendere anche le stronzate pubblicate da una qualsiasi. Poi, siccome siamo curiosi, ci viene voglia di guardarla bene in faccia, gli zigomi, l’azzurro dei suoi occhi, e ci vengono in mente cose che non si possono pensare – e non vi azzardate a prendere in mano quello psicopatico di Lombroso.

Allora che fare? – direbbe un tipo risoluto. Ignorare la Dolores non possiamo, perché queste chiacchiere le alimentiamo noi. Insomma, abbiamo le mani legate e la salivazione azzerata. Ci resterebbero le parolacce, ma non possiamo alzare i toni. E l’ironia, siamo maestri. Buttarla (sul ridere, o sul piangere) e continuare a sentirci migliori, ché con la Dolores ci viene facile. E un po’ conforta.