«Furono il dolore e la rabbia che ci spinsero a sfidare tutto e tutti 20 anni fa. E sono il dolore e la rabbia che ora ci fanno indossare di nuovo gli stivali, mettere l’uniforme, infilare la pistola e coprirci il volto. E rimettermi il vecchio e logoro berretto con le 3 stelle rosse a cinque punte».

Dalle montagne del Sudest del Messico parla il subcomandante insurgente Marcos, pochi giorni dopo l’aggressione armata dei paramilitari allo storico Caracol zapatista de la Realidad da parte del Cioac-H (Central independiente de obreros agrícolas y campesinos independiente histórica), un gruppo paramilitare della zona della Selva Lacandona.

Lo scorso marzo i paramilitari avevano sequestrato un camion della Giunta del Buon Governo a la Realidad. La sera del 2 maggio, mentre si svolgeva una riunione alla quale era presente anche il Centro per Diritti Umani Fray Bartolomè de las Casas per risolvere pacificamente il problema della camionetta, un centinaio di componenti del Cioac-H hanno attaccato il Caracol la Realidad. Un attacco con pietre, armi da fuoco e machete alla clinica pubblica e alla scuola, più il sabotaggio della rete idrica.

«Si è trattato di un’aggressione premeditata, organizzata militarmente – dice il subcomandante Marcos nel suo comunicato – sono implicati anche il Partito verde ecologista (nome in pratica con il quale il Pri governa in Chiapas), il Partito di azione nazionale e il Partito rivoluzionario istituzionale, ma anche il governo dello Stato del Chiapas e in una qualche maniera anche quello federale».

I paramilitari hanno poi teso un’imboscata anche a un gruppo di convogli di zapatisti che stavano recandosi a La Realidad. Dal Caracol alcuni zapatisti hanno cercato di raggiungere e soccorrere i loro compagni feriti ma sono stati attaccati nuovamente. E qui è stato ucciso il «compagno Galeano», Josè Luis Solis Lopez: con una pallottola al torace e una alla testa, dopo essere stato colpito con diversi colpi di bastone alla schiena, in testa e con un colpo di machete alla bocca – come si legge nel comunicato del Frayba (Centro per la difesa dei diritti umani Fray Bartolomè de Las Casas, che era presente in loco).

«Il compagno Galeano è stato lasciato lì solo – scrive il subcomandante Marcos nel comunicato -. Il suo corpo in mezzo a quello che una volta era territorio degli “accampamentisti”, uomini e donne da tutto il mondo venuti a costruire “l’accampamento della pace” della Realidad. E sono state le compagne, le donne zapatiste della Realidad a sfidare la paura ed andare a recuperare il corpo». Nell’aggressione sono anche rimaste gravemente ferite circa 15 persone.

Cuore del popolo

Galeano era conosciuto da molti anche perché era stato maestro durante la Escuelita Zapatista dell’agosto 2013 e dicembre 2014, Un votan, come viene chiamato dai «compagni zapatisti», termine che indica un «guardiano e cuore del popolo», un riferimento, una guida all’interno della scuola per tutti, indipendentemente dall’età, genere, razza dell’alunno. A 20 anni dalla rivoluzione, la Escuelita, «la scuola della libertà», ha rappresentato il simbolo dell’apertura delle comunità zapatiste verso la solidarietà internazionale, al quale hanno partecipato attivisti da tutto il mondo.

A seguito di queste violenze, la Giunta del Buon Governo ha chiesto espressamente all’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Eznl) di investigare e fare giustizia e ha annullato gli incontri internazionali di maggio e giugno previsti a Oventik.

ll Congresso nazionale indigeno (Cni), che si sarebbe dovuto riunire a fine maggio in territorio zapatista, chiede la fine immediata della guerra contro le sorelle e i fratelli zapatisti e la punizione dei responsabili dell’agguato del maggio.

All’incontro, organizzato per fine maggio, avrebbe dovuto partecipare anche l’Eznl, con la probabile presenza anche del subcomandante Marcos. A seguito dei fatti gravissimi accaduti a La Realidad, è stata annullata la partecipazione alla sessione pubblica, così come all’omaggio al filosofo Luis Villoro e al Seminario Etica contro il Sopruso, a San Cristóbal de las Casas, in programma la prima settimana di giugno.

Moltissimi gli intellettuali che in questi giorni hanno espresso solidarietà e appoggio al popolo zapatista, un comunicato diffuso su internet porta la firma di personaggi come Noam Chomsky, Arundathi Roy, Naomi Klein, Immanuel Wallerstein, Ivon LeBot, Kristinn Hrafnsson (di WikiLeaks), Manuel Castells, Michael Hardt, Gustavo Esteva, Pierre Beaucage, di persone comuni e organizzazioni messicane ed europee.

Stato di allerta continuo

Le comunità zapatiste sono abituate a vivere in uno stato di continua allerta e in un clima di guerra. Nonostante le violenze, la militarizzazione del territorio e le continue aggressioni da parte dei paramilitari, le comunità cercano di preservare la loro autonomia. Sono organizzate in Municipi Autonomi che si autogovernano attraverso le «Giunte di Buon Governo» basate sulla rotazione degli incarichi e sulla democrazia diretta e assembleare. In questi 20 anni sono riusciti a realizzare scuole, cliniche e case di salute, piccole cooperative di produzione e commercializzazione, e continuano a chiedere l’applicazione degli Accordi di San Andrés del 1996, mai applicati, dove il governo si impegnava a riconoscere costituzionalmente l’autonomia dei popoli indigeni e garantiva il riconoscimento dei diritti politici, giurisdizionali e culturali di questi.

La strategia adottata dal governo contro il popolo zapatista è stata principalmente quella di indebolire il processo di autonomia delle comunità. In primo luogo attraverso la così detta «guerra a bassa intensità», che in Chiapas ha avuto inizio dal 1994, basata sulla ricostruzione di gruppi paramilitari locali, finanziati e armati da partiti filogovernativi e addestrati per minacciare e cacciare le comunità zapatiste dalle terre riconquistate nel ’94, facendo apparire il loro sgombero come un conflitto tra indigeni.

In secondo luogo, adottando una strategia meno visibile, indebolendo il movimento dall’interno, creando divisioni nella comunità.

Molti zapatisti lasciano le fila del movimento perché sempre più incentivati da fondi governativi allo sviluppo e per la realizzazione di progetti per lo più turistici.