Brutto colpo ai rapporti bilaterali tra Italia e Russia. L’arresto di un capitano di fregata della Marina militare e di un ufficiale delle Forze armate russe accreditato presso l’ambasciata capitolina effettuato dai Carabinieri del Ros coordinati dalla Procura della Repubblica di Roma, non solo scuote le relazioni tra Roma e Mosca (storicamente più amichevoli rispetto ai legami della Russia con i vicini europei), ma aggrava le tensioni che da mesi, a causa anche della vicenda Navalnyj, caratterizzano il confronto tra Mosca e Bruxelles.

L’OPERAZIONE vede i due, colti in flagranza di reato in un incontro clandestino per la cessione di «documentazione classificata» in cambio di denaro, accusati di gravi reati relativi allo spionaggio e alla sicurezza dello Stato. Ovviamente dura la reazione delle autorità italiane, con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che, in audizione davanti alle commissioni Esteri riunite di Camera e Senato, ha parlato di «un atto ostile di estrema gravità».

«Abbiamo subito assunto tutti i provvedimenti necessari», ha aggiunto, dopo la convocazione ieri mattina alla Farnesina dell’ambasciatore russo Sergej Razov, a cui è stata trasmessa «la ferma protesta del governo italiano» e notificata «l’immediata espulsione dei due funzionari russi coinvolti nella vicenda».

«Con la Russia, così come con la Cina, l’Italia continuerà ad agire in prima linea con la propria collocazione geopolitica e i suoi valori, ma anche a promuovere e salvaguardare i nostri interessi fondamentali, che richiedono di mantenere un’interlocuzione critica ma allo stesso tempo costruttiva», ha concluso però il ministro.

Altrettanto veementi le reazioni delle forze politiche in Parlamento, con alcuni esponenti dell’opposizione che hanno chiesto al presidente del Consiglio Mario Draghi di riferire in Parlamento sulla vicenda. Il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè, ha ribadito l’importanza di «tenere alta la guardia di fronte a tentativi di spionaggio pericolosi per la sicurezza nazionale e atlantica», aggiungendo però che occorrerà lavorare su un «doppio binario» nei rapporti con Mosca: della «deterrenza da una parte e del dialogo dall’altra».

Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della commissione Esteri della Camera dei deputati, Piero Fassino, affermando che l’arresto «non è frutto di spiomania» e che azioni del genere «indeboliscono quella fiducia indispensabile a qualsiasi forma di cooperazione internazionale».

Molto più laconica, invece, la risposta delle autorità russe. Nel suo briefing quotidiano con la stampa il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, si è limitato a dire che Mosca «si aspetta di mantenere il carattere positivo delle relazioni attualmente in corso con l’Italia».

Altrettanto secche le dichiarazioni dell’ambasciatore Razov e del ministero degli Esteri russo, che hanno espresso «rammarico» per la decisione italiana di espellere i due funzionari. «Stiamo chiarendo le circostanze della situazione, e annunceremo i nostri possibili passi in relazione a questa misura che, tuttavia, non corrisponde al livello delle relazioni bilaterali», ha scritto il dicastero russo.

UN EPISODIO GRAVE, che acuisce ulteriormente le già elevatissime tensioni tra la Russia e l’Unione europea. Un contesto in cui si inserisce forte anche la Nato, poco dopo l’avvio dell’esercitazione Defender-Europe 2021 che da marzo fino a giugno impegnerà in Europa 28 mila soldati provenienti da 27 diversi Paesi. Manovre colossali che l’Alleanza atlantica organizza su base annuale, e che nel 2021 vedrà operazioni quasi simultanee in oltre 30 aree di 12 Paesi tra cui l’Italia.

Esercitazioni che arrivano in un momento molto difficile non solo a causa della pandemia – che non ha impedito alla Nato di amplificare il programma rispetto al 2020 – ma anche nel quadro dei tentativi di allargamento nei Paesi balcanici e dell’Europa orientale, le cui autorità sono nella maggior parte dei casi fortemente contrarie all’influenza russa.

Lo stesso Di Maio, nella ministeriale Nato a Bruxelles dello scorso 23 e 24 marzo, ha accusato la Russia di «minare e destabilizzare i vicini con il suo comportamento aggressivo, tentando di interferire nella regione balcanica». Ma ogni Paese balcanico ormai è o membro o dentro l’ottica Nato, ad eccezione – ma nemmeno tanto – della Serbia.

NON È UN SEGRETO, del resto, che Balcani e Mar Nero siano aree a cui Usa e Nato guardano – con la strategia dell’allargamento a Est di basi e presenza militare – con molta attenzione: nel comunicato diffuso all’avvio delle esercitazioni si legge che le manovre «dimostrano la capacità degli Stati Uniti di essere partner strategico per la sicurezza delle regioni dei Balcani e del Mar Nero, mentre sosteniamo le nostre capacità nel Nord Europa, nel Caucaso, in Ucraina e in Africa». Area, quest’ultima, in cui i russi stanno spingendo molto la cooperazione bilaterale, nonostante la perdita di terreno in favore della Cina.