Il 28 dicembre è arrivata la doccia gelata del Ministero delle finanze: l’economia russa nel 2019 crescerà solo del 1,3% e l’inflazione sarà del 4,3%. Nella conferenza stampa di fine anno Putin confermando il dato del 1,7% di crescita del Pil per il 2018 aveva paventato un «trend positivo per il futuro» ma era restato nel vago sulle misure da assumere.

IL PRESIDENTE RUSSO aveva parlato di «circolo virtuoso dell’innovazione e piani nazionali di investimento», formule che non sono riuscite a incantare nessuno. La struttura economica del paese resta quella che è: dopo anni di inni all’autarchia, Putin ha dovuto riconoscere che «continuiamo a dipendere dalle esportazione di prodotti energetici». Con tutto ciò che comporta in termini di instabilità finanziaria e valutaria. A rendere claudicante l’economia, il deficit di capitali.

Anche questa non è una novità. Secondo il Times solo nelle Isole vergini britanniche sono 47 i miliardi di dollari depositati dagli oligarchi russi, mentre le sanzioni hanno ridotto gli investimenti diretti di paesi come Usa, Germania e Italia, compensati solo parzialmente da quelli cinesi. Il mega piano che con l’abbattimento delle vecchie case popolari krusceviane avrebbe dovuto far ripartire il mercato immobiliare è praticamente fermo per mancanza di investimenti.

LE NOTE POSITIVE restano il boom dell’export agricolo e in particolare del grano (43,9 milioni di tonnellate vendute e più 3% rispetto all’anno precedente) e dell’industria bellica. Qui un portafoglio di 15,3 miliardi di dollari (tra cui spicca la vendita del sistema antiaereo S-400 a Turchia e India) permette alla Russia di consolidare il secondo posto nella classifica mondiale del settore.

LA NOTA DOLENTE restano i consumi interni. Bassi salari, assegni pensionistici modesti e coperture sanitarie ridotte, non permettono certo ai russi di scialacquare. Il Pil pro capite è di 10mila euro all’anno e a parità di potere d’acquisto quasi il doppio. Ma se si passa ai redditi da lavoro dipendente è notte fonda. Il salario medio è di 420 euro al mese (-20 euro rispetto all’anno precedente) mentre l’assegno medio pensionistico si attesta intorno ai 200 euro.
Secondo Ria Rating, lo stipendio minimo in Russia per essere considerati «benestanti» è 1.400 euro. Ma appartiene a questo «pantheon» solo il 4,4% dei lavoratori. Il distretto autonomo di Yamalo-Nenets in Siberia Occidentale è il più ricco, con il 27% dei lavoratori che supera l’asticella dei 1.400 euro mensili La seconda posizione è occupata dalla Regione autonoma della Chukotka, ricca di oro e tugsteno.

SORPRENDE MOSCA con solo il 17,6% oltre la soglia del «benessere»: qui infatti la media è schiacciata verso il basso a causa dei grandi tassi di immigrazione di popolazioni centroasiatiche che lavorano nel settore immobiliare e dei servizi in cambio di salari bassissimi. In generale, nonostante le trasformazioni economiche e sociali degli ultimi decenni, come in epoca sovietica, i salari più alti sono nelle regioni settentrionali, dove l’attività principale rimane l’estrazione di ogni tipo di risorse naturali in difficili condizioni climatiche.

LE REGIONI PIÙ POVERE restano quelle della Russia centrale dove solo lo 0,8% supera i 1400 euro con il Dagehstan fanalino di coda con solo lo 0,5% di «ricchi». Tutti dati porre in relazione a un quadro in cui la forbice della ricchezza del paese si allarga sempre di più. Nel 2018 secondo Forbes Russia nel paese sono ben 106 i miliardari in dollari.