L’unica vera novità di oggi potrebbe arrivare da un improbabile colpo di scena di almeno qualcuno dei 18 deputati del M5S che si sono detti contrari al decreto sicurezza. Non a caso ieri pomeriggio, dopo che il ministro per i rapporti con il parlamento Riccardo Fraccaro ha annunciato la decisione (scontata) del governo di porre la fiducia sul decreto sicurezza anche alla Camera, doppiando così la scelta già fatta al Senato, il dem Enrico Borghi ha avvertito i colleghi grillini: «E’ una fiducia contro di voi».

Ed è vero. La decisione presa in commissione Affari costituzionali dalle opposizioni di ritirare molti emendamenti rinunciando così a qualsiasi forma di ostruzionismo, avrebbe potuto portare al via libera definitivo del testo senza per forza fare ricorso all’ennesimo voto di fiducia. Cosa che i numeri di cui la maggioranza dispone alla Camera permetterebbe senza problemi. E invece così non è stato, a ulteriore dimostrazione del clima che regna tra gli alleati. Del resto basta ascoltare cosa dice Matteo Salvini per averne la riprova. Se da un lato continua a mostrare fiducia verso le sorti del provvedimento che porta il suo nome, dall’altro il ministro degli Interni continua a diffidare dei pentastellati. Al punto da decidere di presidiare l’aula di Montecitorio fino ad approvazione avvenuta. «Per me da oggi fino a mercoledì l’ordine del giorno è il dl sicurezza», è il messaggio che invia. «O passa entro questa settimana o salta e quindi sarò in aula giorno e notte per verificare che questo decreto possa diventare legge».

L’attenzione passa quindi a deputati del Movimento che hanno criticato il decreto. Cosa faranno al momento del voto? Abbandoneranno l’aula come hanno fatto alcuni colleghi del Senato o rispetteranno l’ordine di scuderia? Sia chiaro. Il gesto non sarebbe di nessun ostacolo all’approvazione del testo (scontata anch’essa come la fiducia), ma rappresenterebbe un gesto di autonomia da parte dei parlamentari verso un provvedimento che con il M5S avrebbe in teoria poco a fare. Su Facebook la senatrice Paola Nugnes – una dei cinque dissidenti del Senato sui quali pende la decisione dei probiviri – dà sfogo a tutta la sua amarezza pensando proprio al Movimento che fu: «Cosa avremmo fatto noi ieri di fronte a un provvedimento tecnicamente sbagliato, imposto per ideologia, che avrà conseguenze gravi sulla sicurezza dei cittadini italiani, sugli stranieri, che non risolve nulla ma crea molti problemi in più? Su quali tetti saremmo saliti a denunciare?», ha scritto la senatrice

«Avrei voluto discutere ulteriori proposte emendative», ha detto durante il dibatto la deputata Valentina Corneli auspicando un futuro intervento della Corte costituzionale. Una delle poche voci che si sono fatte sentire. Non a caso ieri, quando il ministro Fraccaro ha chiesto la fiducia a nome del governo, oltre che dai banchi della Lega applausi sono arrivati anche da quelli del M5S. Segno che difficilmente oggi si vedranno le stesse scene viste al Senato: «Hanno minacciato di sospenderci se non votiamo la fiducia», confida in serata alle agenzie una deputata.

«Chiudere la bocca alle cosiderazioni dei deputati cinque stelle è l’unico motivo per cui è stato bloccato il confronto in aula», accusa anche il capogruppo dem alla Camera Graziano Delrio, mentre Riccardo Magi (+Europa), lascia intendere uno scambio tra alleati: «Dopo aver incassato l’approvazione del cosiddetto anticorruzione – dice il deputato radicale – il M5S ha contribuito alla blindatura del testo obbedendo a Salvini e applicando una tagliola in commissione». Il voto finale è atteso per questa sera.