Per usare la parole del governatore della Toscana Enrico Rossi, «si tratta soltanto del primo tempo». Un modo per dire che la partita vera ingaggiata da alcune regioni contro il primo decreto sicurezza di Matteo Salvini, approvato a ottobre dell’anno scorso, è ancora tutta da giocare. Intanto, però, i governatori che avevano deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale le nuove norme su permessi di soggiorno per gli stranieri, iscrizione all’anagrafe dei Comuni dei richiedenti asilo e riduzione del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) devono incassare una sconfitta, seppure parziale. La Consulta ha infatti ritenuto inammissibili i ricorsi presentati per conflitto di attribuzione, ritenendo che le nuove regole siano state adottate nell’ambito delle competenze riservate in via esclusiva allo Stato in materia di asilo, immigrazione, condizione giuridica dello straniero e anagrafi. Accolti, invece, i ricorsi contro l’attribuzione di maggiori poyeri ai prefetiprevisti dall’artioclo 28 del decreto sicurezza, ritenendo che rappresentino una violazione dell’autonomia costituzionalmente garantita a Comuni e Province.

A presentare i ricorsi erano statai i governatori Calabria, Emilia-Romagna, Marche, Toscana e Umbria, tutte Regioni governate dal centro sinistra, nel merito le contestazioni riguardavano l’intero impianto del provvedimento, a cominciare dalla mancanza dei presupposti per intervenire con un decreto legge, e rilevavano che sebbene le politiche sui migranti siano competenza dello Stato, alcune misure del provvedimento come le limitazioni alla protezione umanitaria, l’esclusione dei richiedenti asili dal sistema di accoglienza gestito dagli enti locali (Sprar), impattano su ambiti che sono invece prerogativa regionale, quali la tutela della salute, il diritto allo studio, quello alla formazione professionale e l’assistenza sociale. Obiezioni rspnte dalla Cosulta, che però ha voluto anche sottolineare di non essere intervenuta nel merito delle nuove regole, lasciando così aperta la porta a futuri ricorsi.

«Tanto rumore per nulla», secondo il sottosegretario leghista alla Giustizia Jacopo Morrone, per il quale i ricorsi delle Regioni non sarebbero altro che atti di «ostilità pregiudiziale» verso il governo. Non la pensa ovviamente così Enrico Rossi, deciso a «combattere contro chi, come il ministro Salvini, calpesta i diritti umani più elementari». E il governatore della Toscana annuncia già per oggi la contromossa della sua Regione con un’accelerazione nell’iter dell’approvazione di una proposta di legge sull’accoglienza «che individua le modalità generali di erogazione dei servizi per garantire livelli minimi di dignità umana a tutti. Li abbiamo chiamati diritti samaritani», ha concluso Rossi.