Al senato il voto di fiducia passa con 148 sì e 87 no e ora il decreto scuola approderà il 3 giugno alla camera per essere approvato senza modifiche, visto che scade il 7 giugno. Ma ieri a palazzo Madama le montagne russe vanno avanti fino all’ultimo. In mattinata, quando in aula inizia il dibattito, il maxiemendamento che deve sostituire il testo del dl non c’è. L’ultima stesura, l’ennesima, si è incagliata in commissione bilancio. La Ragioneria dello stato ha di nuovo detto stop: mancano le coperture per l’estensione ai prof precari della «carta del docente».

L’OPPOSIZIONE ACCUSA la ministra Azzolina di aver abdicato al suo ruolo a vantaggio del Ragioniere generale dello stato Mazzotta. Sotto accusa la cattiva abitudine di depennare gli emendamenti anche non onerosi in nome dell’art. 81 della Costituzione, quello che impone il pareggio di bilancio, ora che di fatto quell’articolo è congelato. La cattiva abitudine in effetti si pratica, non solo a danno delle opposizioni, ma non c’entra nulla con il caso in esame.

MA È NEL POMERIGGIO, durante le dichiarazioni di voto, a esplodere la bagarre. La destra contesta la lunga trattativa tutta interna alla maggioranza. Quaranta dì e quaranta not, M5s contro Pd e Leu. Ci sono stati momenti tesi (è un eufemismo) ma la presidente del gruppo misto Loredana De Petris, di Leu, rivendica il risultato: «Non è un accordicchio, abbiamo trovato una sintesi che potrà non soddisfare tutti, ognuno voleva di più, ma è un punto di partenza. Questo decreto ha una unica preoccupazione, garantire che si riprenda in sicurezza».

IN EFFETTI NEL DECRETO è previsto un piano di edilizia scolastica per gli enti locali (i renziani lo chiamano pomposamente «piano shock») e una serie di snellimenti burocratici in vista dell’autunno. Ma sull’inizio del prossimo anno scolastico in effetti fin lì regna la nebbia. Con tempismo perfetto, in serata il Comitato tecnico scientifico del governo pubblica sul sito dell’Istruzione le «indicazioni» per la riapertura delle scuole a settembre. Distanziamento di almeno un metro nelle aule, mascherina obbligatoria sopra i 6 anni, chi ha la febbre sta a casa. Per evitare gli assembramenti, eventualità di turni e ingressi e uscite differenziati per gli studenti, o con lo scaglionamento orario o usando diverse vie di accesso agli istituti. Ciascuna scuola dovrà organizzarsi con gli enti locali.

CONSCIA CHE INDICAZIONI così non risolvono molto, la ministra si affretta a dire che ora arriverà il documento «del Comitato di esperti del ministero dell’Istruzione che offrirà spunti che guardano alla ripresa di settembre». Come se ai nostri dirigenti scolastici mancassero «gli spunti».

TORNIAMO AL SENATO, e al decreto. Stabilisce le modalità dell’esame di terza media (basterà un elaborato e la valutazione del Consiglio di classe) e quello di stato (solo orale, tutti ammessi). Ma il core business è l’immissione in cattedra di 32mila prof precari a settembre. Saranno assunti dalle graduatorie di seconda e terza fascia (che diventeranno provinciali e saranno riaperte e aggiornate), per un anno (cioè resteranno precari) ma poi dovranno affrontare una prova scritta «con domande a risposta aperta» (non più il concorso, niente quiz né crocette). Per dissenso su questo punto Francesco Verducci (Pd) non partecipa al voto. «Faremo 78 mila assunzioni, e non è una cosa che si fa tutti gli anni. Riduciamo il precariato e non lo risolviamo, ma con questo decreto facciamo un passo avanti e con il dl Rilancio un altro passo avanti», spiega in aula il sottosegretario Peppe De Cristofaro, chiedendo un applauso per i docenti che hanno «salvato» l’anno scolastico inventandosi – dove è stato possibile – la didattica a distanza all’inizio senza linee guide e con strumenti propri.

LA LEGA INTERVIENE a più riprese nella parte della paladina dei precari (per i quali però nel suo ultimo governo, proprio con M5s, non ha portato a casa nulla). Forza Italia si specializza nell’avvocatura delle scuole paritarie, ma il governo ha già promesso soldi nel dl Rilancio. Il senatore Moles, alla fine di una roboante arringa contro Azzolina, scivola in un parallelo infelice (è un eufemismo) fra credibilità e verginità. Non ce l’ha con la persona della ministra, ma è una frase inascoltabile, tanto più contro una donna appena messa sotto scorta per insulti e minacce.

L’ULTIMO INTERVENTO è della 5s Laura Granato, già ultrà del concorso ormai cancellato, che però lei considera «salvato»: «Agli strenui difensori del reclutamento al ribasso», dice, e non si riferisce solo all’opposizione, «diciamo che alimentare sacche di precariato è da sempre il sistema messo in atto dalla politica e dai corpi intermedi per alimentare clientele a proprio vantaggio».