Una lunga fila di sedie da cinema è disposta di sbieco, rivolta verso lo sfondo, sulla sinistra del palcoscenico. Di fronte, su un grande schermo, scorrono le immagini sgranate di un vecchio film muto. La protagonista ha i capelli argentei, un po’ scomposti, con dolore sta per lasciare il figlio. Dalla fila di sedie da cinema un’altra donna, vestita di scuro, guarda, come noi del pubblico, le immagini. Ne scorgiamo il profilo, il braccio che si allunga sulla fila di sedie, l’intensità di un volto che è racconto interiore.

Il film è Cenere, del 1916, con Eleonora Duse. L’artista in palcoscenico è Alessandra Ferri, tragedienne della danza e del balletto, lo spettacolo è Duse – Fantasia coreografica intorno a Eleonora Duse di John Neumeier con il suo Hamburg Ballett, il teatro è la Staatsoper Hamburg. È una prima assoluta.

Ferri, classe 1963, è tornata a ballare due anni fa, dopo aver dato l’addio alle scene nel 2007 con La Dame aux Camélias dello stesso Neumeier. Un ritorno unico per capire cosa l’arte della danza possa comunicare. Solo quest’anno hanno firmato creazioni per Ferri artisti del nostro tempo come Russell Maliphant e Wayne McGregor (l’applauditissimo Woolf Works con il Royal Ballet di Londra), e ora un maestro del dance drama qual è John Neumeier ha coreografato per lei e per l’Hamburg Ballett, compagnia di speciale carisma interpretativo, uno spettacolo appassionato, dolente, tragico e catartico insieme: Duse, un lavoro epico, frutto di un’intesa profonda con Ferri. «Duse – ha commentato Ferri – è un mito, un’artista ancora oggi ispiratrice. Istintivamente, senza avere un training, inventò un metodo di recitazione. In scena diventava se stessa, era verità assoluta». Neumeier pensava da tempo a un balletto su Duse. Quando all’Università studiava recitazione secondo il metodo dell’Actor’s Studio, era incantato dal personaggio della divina.

Lo spettacolo inizia con una sorta di abbraccio tra le due artiste. Duse, prima del film Cenere con cui si apre la creazione di Neumeier, aveva lasciato le scene per qualche anno. «La mia anima ritorna in me» – scriveva la diva alla figlia -. Il mio film è bello. Triste! Una acquaforte, qualcosa fra buio e luce». «Il palcoscenico è la mia casa» – ci disse qualche tempo fa Alessandra Ferri, parlando del suo ritorno alla danza. Anche la scena dello spettacolo di Neumeier è segnata da ombre e chiarori. Una fantasia in cui l’étoile italiana, attraverso la danza, ora sulle punte, ora a piedi scalzi, ora solo con un gesto, un cenno degli occhi, un increspare della bocca, entra, con la sua storia d’artista e di donna, nelle pieghe del corpo e dell’anima di Duse.

La fila di sedie ruota su se stessa. Si muoverà più volte nel corso dello spettacolo, ospitando danzatori che diventano gli spettatori di Duse, di Isadora Duncan (Anna Laudere), di Sarah Bernhardt (Silvia Azzoni). Accanto a Ferri/Duse ci sono quattro uomini nei ruoli di Luciano Nicastro (Alexandr Trusch), Arrigo Boito (Carsten Jung), Gabriele D’Annunzio (Karen Azatyan) il pubblico (Marc Jubete). Nicastro fu un giovane soldato con cui Duse ebbe un tenero, quasi filiale, scambio epistolare, con Boito fu la conoscenza poetica, con il Vate l’amore passionale, il pubblico fu il testimone costante, ineliminabile, della sua arte e della sua vita.

Neumeier costruisce il balletto per scene, mescolando vita pubblica e privata, contesto sociale e politico. La guerra entra con il suo bagaglio di sangue e morte nelle linee del testo coreografico: le immagini dei soldati, di Nicastro e di Duse si intrecciano con uno dei primi ruoli di Eleonora sedicenne, Giulietta, che fu, guarda caso, anche il ruolo chiave di Alessandra Ferri, giovanissima ballerina a Londra. E così anche La Dama delle Camelie torna a più riprese nei molteplici piani del racconto.

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Marguerite Gautier fu uno dei ruoli chiave di Sarah Bernhardt (seducente e teatrale nella parte Silvia Azzoni), recitazione ben diversa, più teatrale, enfatica, di quella che ne diede poi Duse. Ferri, che di Marguerite è stata un’interprete indimenticabile, assiste nel ruolo di Duse agli spettacoli della Bernhardt con in mano magnifiche rose bianche, ma poi lei stessa diventa Marguerite, danzando stralci della versione coreografica del romanzo di Dumas dello stesso Neumeier. Balla ora con Trusch, un delicato Luciano Nicastro che si trasforma in Armand, ora con Azatyan, rapinoso e seducente D’Annunzio. Ma è una fantasia e quindi Ferri/Duse non danza sulle note di Chopin, come nella coreografia originale, ma sul collage musicale scelto da Neumeier per Duse. Una partitura di forte impatto emotivo, tra estratti di opere di Benjamin Britten e Arvo Pärt.

La prima parte dello spettacolo, la più corposa drammaturgicamente, termina con il funerale della divina Duse. La seconda rivisita un lavoro del passato di Neumeier, di pura danza. La musica è Fratres di Pärt. Ferri e i quattro uomini ballano in una luce rosata, mauve, grigio perla, hanno costumi essenziali. Tutto è finito, siamo altrove. Ma nella mente dello spettatore ci sono ancora Duse e la sua storia, Ferri e lo spessore umano della sua arte, e Fratres, e qui sta la genialità del coreografo, diventa altro, racchiudendo in una visione quasi celestiale, le emozioni, i dolori e le gioie attraversate nella prima parte dello spettacolo.

Molto pubblico, tanti artisti del mondo della danza, tra cui Wayne McGregor, arrivato da Londra, una Alessandra Ferri magnetica che andrebbe vista in Duse anche in Italia. Repliche fino a gennaio.