Kirstjen Nielsen non è più la segretaria della Homeland Security. A quanto pare, nonostante sia stata il volto molto poco rassicurante delle politiche migratorie di questa presidenza, per Trump non è abbastanza dura. Il suo ruolo sarà ricordato per la politica di tolleranza zero con migranti e richiedenti asilo, fino a separare centinaia di bambini dai genitori per metterli nelle gabbie in attesa di processo, usandoli come deterrente all’ingresso negli Stati uniti. Ma evidentemente è ancora troppo poco.

La situazione, a un anno dall’implemento di questa prassi disumana, non è cambiata. Nei giorni scorsi sono state diffuse foto di bambini migranti con lividi su corpo e mani causati dal dormire per terra alla frontiera, per giorni e giorni, in attesa che i loro casi siano vagliati.

D’altronde, in un recente discorso alla frontiera tra California e Messico, il tycoon ha sostenuto che migranti e richiedenti asilo sono in realtà membri di gang, concludendo che «non sono persone, sono animali».

Le dimissioni di Nielsen non sono state volontarie, ma sono seguite a un incontro molto teso alla Casa bianca. Trump ha poi nominato Kevin McAleenan, il commissario Usa per la protezione delle dogane e delle frontiere, come segretario ad interim della Homeland Security, ma le dimissioni/licenziamento di Nielsen dimostrano che la linea dura, applicata con tanta ferocia da questa amministrazione con il silenzio assenso dei repubblicani cosiddetti moderati, ha fallito.

I flussi di migranti illegali, anche se nemmeno lontanamente imponenti come li descrive Trump, e la propaganda di ultradestra non sono diminuiti e l’emergenza umanitaria creata da questa politica è sfuggita di mano, come dimostra le foto di adulti e bambini stipati in container sotto i viadotti che collegano El Paso, in Texas, al Messico.

Il sostituto ad interim è un personaggio in linea con la svolta sempre più allarmante di questa amministrazione: fu proprio McAleenan a ordinare il lancio di lacrimogeni sulle manifestazioni dei migranti al confine tra San Diego e Tijuana, dove erano presenti anche dei bambini.

Ma Trump non si ferma alla politica interna: ubriaco dell’iniezione di invincibilità che gli ha procurato la diffusione del rapporto di Mueller, redatta dal procuratore generale nominato proprio da The Donald per affossare l’effetto del report, il presidente con una mossa senza precedenti ha dichiarato «organizzazione terroristica» le Guardie rivoluzionarie iraniane (prima etichettate solo «gruppo terroristico».

Gli Usa possono ora impedire l’ingresso nel paese e sanzionare compagnie e persone (anche europee) che hanno fornito qualche forma di sostegno ai pasdaran o che hanno avuto contatti con il corpo (tra questi, per assurdo, anche leader politici di paesi alleati, come l’Iraq).

Ad annunciarlo con un tweet è stato il segretario di Stato americano Pompeo. La risposta iraniana non si è fatta attendere: la tv di Stato di Teheran ha definito «illegale» la decisione Usa e il ministro degli Esteri iraniano Zarif ha proposto al Consiglio di sicurezza nazionale di inserire a loro volta nella lista delle organizzazioni terroristiche le forze statunitensi.

Mohammed al Jafari, comandante dei pasdaran, ha aggiunto: «Le forze Usa in Asia occidentale perderanno pace e tranquillità».