Scrivo dal computer di una sala ministeriale, Aliano sembra lontanissimo, ma io me lo porto dietro, come mi porto dietro gli ubriachi che sputavano e bestemmiavano dentro l’osteria di mio padre, e poi le partite a pallone, i passeri nella neve, gli incontri infelici, il fatto che c’è il cielo e i buchi neri, il fatto che pure stanotte non ho dormito, non so se sono io a puntare l’infinito o è lui ad aver puntato me, e poi gli imbrogli della psicologia, la baracca dell’io e del mio, la baracca di essere qualcuno, l’unghia annerita dell’orgoglio. Mi piace stamattina prima della disciplina di una tavola rotonda in cui sarò l’unico a non avere la cravatta, mi piace dire che non mi fido della vita, che sto qui per trovare un’altra cosa, non mi fido della natura delle cose e neppure dell’artificio, non credo alle persone e neppure alla società, vorrei sfilare un filo dal mistero in cui siamo immersi e guardarlo insieme a qualcuno, senza pensare di risolvere qualcosa. Ad Aliano per un poco forse ci siamo riusciti. Ma adesso sono già altre giornate, la noia che governa il mondo porta ognuno ai suoi caselli. Attraversiamolo questo mondo con parole antiche o mai udite, non con il mesto mormorio dei nostri giorni. Delirate cari amici, delirate con calma, allontaniamoci dal principio del piacere e da quello della realtà, dal bene e dal male, siate vermi e siate oceano, se possibile.

Geografi, economisti, giuristi, un sottosegretario e un paesologo. Si discute di come ridisegnare le regioni. Io ci credo al fatto che l’Italia debba essere disunita, è la nostra forza. Mi piace che l’Irpinia d’Oriente non faccia più parte della Campania, mi piace che Foggia e Lecce stiano in due regioni diverse. Il contributo che vorrei portare a questa discussione è che bisogna trovare il modo di riportare gli italiani nell’Italia interna. Svuotare le coste e le pianure non mi pare sia nella testa di nessuno dei politici in circolazione. A me sembra una cosa essenziale.

I corpi sono luoghi. Si può fare turismo, residenza o paesologia.

Per il canone rinascimentale Firenze è più bella di Aliano. Per il canone paesologico Aliano e Firenze sono luoghi diversi della bellezza.

Parlo di Aliano come se tutti sapessero dove sta e cosa è accaduto alla fine di agosto, come se un festival di paesologia potesse essere sulla bocca di tutti. Ora non ho voglia di parlare di chi ha parlato, di chi ha suonato, di chi semplicemente è venuto a vedere il paesaggio.

Si cerca l’amore. Si trovano intimità provvisorie.

Oggi a Urbino nella mia conferenza dirò che ci vuole una lingua bassa, semplice, umile, ma l’ambizione deve essere altissima. Non mi interessa essere uno del mondo della poesia ma che la poesia governi il mondo assieme alla politica. Una conferenza delirante.
Ragazzi, ragazzi di una grande nazione, questi ancora parlano di Berlusconi. Dateci un autunno poetico e rivoluzionario…
Urbino è bella ma ha già parlato. Ora è il tempo dei luoghi sperduti e affranti. La vita si è ritirata da quelle parti. Andatela a cercare. Vi aspetta.

La morte di Daniela mi conferma che la vita è inaffidabile. Nascere è un lusso assurdo.

Il mio amico Luciano tre anni fa aveva un padre, una madre e una sposa.

Guardatevi intorno, c’è qualcuno che ha bisogno di una parola buona. E ditela senza indugi.

I romani, i longobardi, la peste, l’Unità d’Italia, l’emigrazione, la Democrazia Cristiana, il terremoto, la Democrazia Cristiana. Cosa vuoi di più dalla sventura, mia cara Irpinia?

Quando viene qualcuno che vuole fare una tesi sul mio lavoro mi accorgo che, almeno quantitativamente, è un lavoro sterminato.

Oggi una ragazza mi diceva che voleva concentrarsi sui miei articoli, ma ne ho scritti un numero pazzesco. C’è stato un lungo momento che sui giornali locali ne usciva uno al giorno. Sul letto di morte mi pentirò amaramente di aver scritto tanto. Un po’ me ne pento già adesso.

Oggi è finita l’estate, tempo fa è finito il mondo.

I parlamenti sull’Italia interna ad Aliano: interventi bellissimi, affidati alla memoria di chi c’era. Mi ha molto colpito l’intervento di Franco Cassano. Non pensavo che considerasse tanto cruciale il mio lavoro.

A Capistrello, a metà tra Pescara e Roma, un grande paese con tanta campagna intorno, accade una cosa incredibile: c’è una sola persona che vive di agricoltura. So anche il nome, si chiama Vinicio.

Il mio paese è un luogo disperato. Aveva senso abitarci quando credevo alla disperazione. Ora credo alla rivoluzione, a mio modo sto facendo la rivoluzione, e qui pensano solo ancora alla disperazione, una disperazione accidiosa, senza futuro.
Ci vuole una nuova guida ai luoghi belli d’Italia. Al vecchio canone: Venezia, Firenze, Roma, io aggiungo il canone paesologico: Aliano, Senerchia, Greci, tanto per dire tre delle mille perle sparse sull’Appennino.

A scuola le maestre sono nervose già prima di cominciare l’anno con gli allievi.

Ad Aliano è andata in scena la voglia di uscire dall’autismo corale. Che mondo possiamo avere fuori dal capitalismo? Non lo sappiamo. Ma intanto è il caso di farsi domande di questo tipo. Il capitalismo è morto, come certe stelle lontane, ma ci arriva ancora la sua luce.

Una cena in cui c’è più di un poeta quasi mai è una cena lirica (è successo qualche sera fa a Urbino).

Nella testa delle persone settembre è un casino. Finita la ricreazione di agosto si riprende contatto con la delusione del mondo. Pensate ai ragazzi e alle fatiche universitarie, fatte quasi senza prospettive. Pensate agli amori che hanno sempre più il movimento del pendolo. Pensate ai tumori che arrivano come una volta arrivavano i raffreddori. Settembre dovrebbe essere il mese per avviare la rivoluzione e invece è tutto un giro nel nervosismo e nella guerra tra gli individui, specie se della stessa famiglia. Davvero non vedo altra soluzione che lo slancio rivoluzionario. Guarirebbe noi stessi prima che il mondo.

Il sesso è finito, il sesso accadeva quando non c’era, adesso il sesso c’è sempre, adesso il sesso rimane vivo solo come un incidente.

Il discorso è vago.

Nulla resiste. Anche il nulla vacilla.

In principio erano le grandi montagne dell’Abruzzo, le pecore e i pastori. Alla fine gli uffici e le palazzine di Pescara. Dalla transumanza alla noncuranza.

Il mondo non s’infiamma e io sto bene solo quando il mondo s’infiamma.

Pensare il Sud, pensarlo unendo la militanza lirica e quella civile. Questo abbiamo fatto ad Aliano, in un clima festosamente pensoso.

La condizione morale e intellettuale degli insegnanti sarebbe un argomento da prima serata. E invece stanno parlando di Berlusconi.

Fatto giro nel paese con mio figlio Livio. La grande desolazione delle sere invernali che durerà fino a giugno. Quelli che sono rimasti sono davanti ai televisori dopo il campeggio in piazza del mese di agosto. Da agosto a settembre si passa in pochi giorni dal villaggio turistico al cimitero.

La politica non capisce un cazzo di cosa sono oggi i paesi e di come bisogna usarli.

Non è possibile che si parli ancora di Berlusconi e poi c’è un paese in Abruzzo con 200 ragazzi drogati e una marea di alcolisti e tanti dipendenti dalle slot machine, un paese in cui non c’è una sola casa che sia uguale all’altra, un blob dell’urbanistica, l’apoteosi dell’autismo architettonico.

Non è possibile che nei paesi ci siano medici accidiosi e gente che si ammala senza che nessuno se ne prenda cura.

Non è possibile che si chiudano le ferrovie e non si riparino le buche sulle strade provinciale.

Nessuno pensa a impostare politiche per i paesi e le montagne, come se l’Italia fosse solo una città e solo una pianura.

Alla fine degli anni settanta baciavi una donna e poi se ne riparlava dopo tre mesi, avevi tutto il tempo per pensarci a quel bacio. A quei tempi avevo delle amiche che uscivano alle sette e rincasavano alle sette e un quarto.

Quello che facciamo, quello che ognuno di noi fa, è sempre assolutamente incomprensibile e sempre scambiato per qualcos’altro. Bisogna partire serenamente da qui. Dal suicidio all’euforia ogni scelta è plausibile.

So che avrei pagato la felicità delle giornate alianesi e la sto pagando. Dopo quelle giornate ho pensato per un attimo che si potesse saltare qualche passaggio e invece la trafila per uscire dall’autismo corale è lunga e penosa. Io devo imparare l’arte della pazienza, ma senza perdere il sentimento dell’urgenza: è un momento cruciale, bisogna uscire adesso dalla palude, bisogna farlo adesso, lo spiraglio che si è aperto potrebbe richiudersi.

Oggi era bellissima Napoli e poi quando sono approdato a Lacedonia ho trovato bellissima anche Lacedonia. A volte mi sembra veramente che dio è nei luoghi, ma non nel senso che dio è in ogni luogo.

Ad Aliano abbiamo dimostrato che politica e poesia possono avere almeno qualche forma di adiacenza. Non è ancora un dialogo, ma abbiamo avuto il coraggio di tenerle vicine. La poesia che sta solo con la poesia non ha molto senso e così pure la politica che sta solo con la politica. La paesologia è la mescolanza di poesia e impegno civile.

Si pensa che ci siano i sentimenti e poi la lingua sia il mezzo per esprimerli.

La mia sensazione è che la lingua formi dei sentimenti per potersi esprimere. Detto altrimenti. L’amore è una zona della lingua e pure l’amicizia è una zona della lingua. Se non capiamo questa cosa assisteremo al naufragio implacabile dei nostri amori e delle nostre amicizie. La lingua non è uno strumento per gestire le relazioni con il mondo. Semplicemente le relazioni con il mondo sono modi della lingua.

Quando c’era la comunità leggere era un modo di appartarsi con lo scrittore. Oggi più che leggere abbiamo bisogno di luoghi in cui stare insieme a delle persone. Per questo i libri non vendono e invece ai festival ci sono tante persone. Il festival della paesologia ad Aliano in fondo era un’impresa facile: un paese inattuale, grandi musicisti, poeti e pensatori, una miscela che accende subito un senso di benessere.

Il luogo è il libro e noi che ci scriviamo dentro.

Tra Renzi e Grillo c’è qualcos’altro, ci sono pensieri, poesie, lavori, c’è tanto mondo, tanta vita. Il mistero è che dentro le urne rischia di non esserci traccia di questo mondo. Forse è il caso di pensarci da subito.

Mi sembra che ci siamo tutti già conosciuti e lasciati, sembra che ogni dialogo sia postumo. Non ci sono più gli incontri umani di una volta, adesso gli incontri cominciano dal ricordo della fine.

L’innocenza, l’ingenuità, la semplicità possono avere il gusto della vertigine e quello della palude. Bisogna valutare caso per caso.

Alcune persone pensano che un dialogo sia una collezione di frasi suggestive. Una persona che dice frasi suggestive in continuazione a un certo punto ci stanca. Un dialogo non può fare a meno del corpo, anche a distanza c’è bisogno del corpo. Nelle lettere di certe grandi scrittrici dell’ottocento si sente bene il corpo, anche quando l’incontro non avviene.

Prima pensavo di saper scrivere ma mi sentivo incapace di leggere in pubblico e di parlare in pubblico. Adesso mi sembra di saper parlare in pubblico ma sento di essere ancora incapace di leggere in pubblico. A volte mi succede anche che leggo bene, ma non è una cosa che so fare sempre, accade solo in condizioni speciali. Quanto allo scrivere non so se ancora so scrivere. Diciamo che uso uno stile che ho appreso tempo fa. Con la parola orale invece sento più freschezza, quando parlo sento che ho imparato da poco a parlare e questo mi piace. Per sentire ancora di scrivere bene devo dimenticarmi di saper scrivere.

Morire uno alla volta come da sempre avviene senza la gioia di morire per sempre e finalmente tutti assieme.

Non mi sono mai dimenticato. Chiamatelo egoismo se vi pare, ma è questa la mia impresa: non essere mai uscito a vivere la vita, vederla da qui, da non so dove.

La morte è dentro la poesia. La poesia non riesce a entrare dentro la morte. La sua gloria è la potenza di questo perenne fallimento.
Se tutti ci capissero perfettamente la vita si fermerebbe. non avrebbe più senso cercare altre persone. In effetti la nostra fortuna è che non ci capisce quasi nessuno. E se qualcuno ci capisce siamo noi a non capirlo. Canetti aveva ragione quando diceva che si tratta solo di capire per chi ci scambiano.

Sono stato tutto il giorno nella rete oppure al telefono, ma ho avuto tempo di vedere per qualche minuto il fratellastro di mio nonno, l’ultimo parente anziano che mi è rimasto. Rispetto a un mese fa mi è sembrato assai peggiorato. Quando gli ho chiesto: come ti senti? Mi ha detto: mi sento che posso morire da un momento all’altro.

Al telefono ho detto questa frase a una mia amica per illustrare certe sensazioni della giornata: l’altro giorno è morta mia madre, me ne ero dimenticato.