Come si costruisce una casa abusiva e poi un’altra e un’altra: è un meccanismo collaudato, che in Italia hanno utilizzato in molti.

Il presidente di Legambiente Campania, Michele Buonomo, spiega le fasi del processo: «Di solito è gente che ha un terreno di proprietà o lo acquista. Poi ci vuole una ditta compiacente che è in grado di offrire l’intera filiera del servizio in nero: materiale, manodopera, mezzi meccanici e trasporto. Di notte si scavano e poi si realizzano le fondamenta. In questa prima fase deve passare inosservato il camion con il materiale e l’escavatore più il gruppo di lavoro. Nessuno deve aver sentito i rumori di notte. Noi diciamo che l’autorizzazione a costruire non te la dà il comune ma il vicino di casa, che vede e sente ma non denuncia. Non si accorgono di nulla neppure i comunali e i vigili. Di solito questi abusi li scopre la capitaneria di porto o la Gdf perché li vede dal mare ma a quel punto c’è già il tetto ed è tardi, perché la copertura blocca un eventuale abbattimento».

In totale ci vogliono circa tre giorni per completare l’opera, dipende da quanto è grande l’abuso: «Il tetto viene sistemato in fretta e spesso è la prima causa di instabilità strutturale. È ancora più grave quando copre una sopraelevazione perché può provocare danni maggiori alla struttura sottostante, magari realizzata con un differente materiale. Come è capitato ad esempio ad Amatrice l’anno scorso, con i tetti di cemento armato crollati sulle case in muratura». Gli abusi possono avvenire anche sul terreno demaniale, come a Paestum: «Negli anni ’70 e ’80 è sorto un intero villaggio. Si comincia con uno del posto che costruisce una baracca, poi la vende a qualcuno che la trasforma in una casa e così via, fino a creare un conglomerato urbano abusivo su terreno demaniale. A Casalnuovo, invece, sono stati realizzati 12 condomini e decine di villette, venduti a ignari acquirenti: avevano fatto il mutuo, erano andati dal notaio e poi hanno perso la casa perché era tutto abusivo, sequestrato dalla magistratura. Immobiliare, banca e notaio erano tutti d’accordo con il clan che gestiva l’affare. Al comune non hanno notato i palazzi che spuntavano, hanno detto, perché gli alberi ostruivano la visuale».

Anche gli allacci sono tutti abusivi: «Si attaccano a utenze compiacenti – conclude Buonomo -, a volte usano identità fasulle. Per le fogne è più complicato: ci possono essere fosse settiche o si allacciano abusivamente ad altri. Molti scaricano nei fiumi senza passare dai collettori che portano ai depuratori oppure direttamente nel terreno. Il risultato è che, in molti casi, il tutto scorre verso il mare inquinando e deturpando le coste. I gestori di servizi come elettricità, acqua o gas possono anche rilevare gli scostamenti sospetti ma, fin quando in qualche modo sono pagati, rispondono che non tocca a loro fare i controlli». I sindaci che combattono il fenomeno, come a Licata, vengono lasciati soli e sfiduciati.