Si tratta solo di un caso, ma di certo a Giorgio Napolitano non sarà dispiaciuto. Proprio ieri, mentre si preparava a giurare per il suo secondo mandato al Quirinale, il gip di Palermo Riccardo Ricciardi procedeva alla distruzione delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche tra lo stesso Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino registrate nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.

La decisione di procedere proprio ieri alla distruzione è stata presa dal gip l’11 marzo e giovedì scorso la Cassazione aveva respinto la richiesta avanzata da Massimo Ciancimino, di non procedere alla distruzione delle registrazioni. Le intercettazioni hanno costituito un «vulnus costituzionalmente rilevante», è scritto nella motivazioni, depositate sempre ieri, con cui la Cassazione ha motivato la decisione di procedere alla distruzione «con procedura camerale» e senza alcun contraddittorio tra le parti.

La procedura camerale nel contraddittorio tra le parti – spiega la Cassazione è applicabile per le ipotesi di violazioni di norme processuali, mentre è preclusa nel caso in cui vi siano state violazioni di ordine sostanziale riconducibili a diritti e interessi di rilievo costituzionale, poiché «l’accesso alle parti potrebbe neutralizzare la ratio della tutela riconosciuta». La notizia della distruzione delle intercettazioni è stata criticata da Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso in via D’Amelio. «Ritengo questo un atto gravissimo e lesivo dei miei diritti di difesa in un processo per diffamazione avviato contro di me su querela di Nicola Mancino (e, ancor più, nel processo Borsellino quater sulla strage di via D’Amelio e nel processo sulla trattativa Stato-mafia) e una diretta conseguenza – ha detto – della rielezione alla presidenza della Repubblica di un individuo come Napolitano che, in merito alla possibilità di diffusione di queste intercettazioni, ha sempre manifestato un autentico panico».