Il rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) «The future of cooling ci dice chiaramente che è necessario un cambio di rotta nella gestione della domanda di raffreddamento, e le tecnologie adeguate sono già disponibili. Secondo lo scenario di maggior efficienza proposto dallo stesso rapporto, sarebbe possibile arrivare al 2050 con una richiesta di elettricità per la climatizzazione inferiore del 45% di quella attuale.

Antonio Di Cecca è un ingegnere aereospaziale e lavora per il gruppo Engie, a livello internazionale. Ha contribuito al rapporto Iea in qualità di esperto, in particolare nella parte relativa alle molteplici soluzioni da mettere in campo per ridurre i consumi; una di queste è il «teleraffreddamento», un sistema basato sull’efficienza e la decentralizzazione, settore nella quale Engie è leader mondiale.

Innanzitutto quali sono e dove si collocano le principali inefficienze dei sistemi di climatizzazione, cioè come e dove sprechiamo di più?

La maggior parte della domanda di freddo si concentra in paesi come Cina e Stati Uniti, Medioriente e nell’Asia Pacifica del sud. La gamma dei prodotti disponibili sul mercato è molto varia e come è ovvio i prodotti più economici sono quelli più inefficienti: la differenza nei consumi fra un apparato vecchio e uno nuovo arriva ad essere anche del doppio. Inoltre quando parliamo di efficienza, dobbiamo tenere presente che quella indicata sul prodotto, è quella relativa a un utilizzo che avviene nelle condizioni per cui è stato disegnato: se lo sottoponiamo a uno sforzo diverso, come per un’automobile che viaggia sempre in salita, l’efficienza si riduce di moltissimo.

Lei si occupa dell’applicazione dei sistemi di tele-raffreddamento, una soluzione molto più ecologica ed a minor consumo di quelle tradizionali. In che cosa consiste?

Il tele-raffreddamento, o «District cooling» è un sistema centralizzato che si rifà al più noto e diffuso tele-riscaldamento. Sostanzialmente consiste in un sistema di tubature sotterranee che portano acqua gelata a diversi edifici da un impianto centrale. L’acqua circola nelle bobine di refrigerazione o entra nei sistemi di climatizzazione attraverso degli scambiatori di calore collocati nel basamento dell’edificio stesso. Favorisce l’utilizzo di risorse energetiche naturali rinnovabili e disponibili localmente. Combinato con il teleriscaldamento e il sistema di ventilazione, rappresenta il più ottimale sistema di regolazione della temperatura per edifici come hotel, centri commerciali, uffici ed aziende, e se adottato dalle amministrazioni, anche per ospedali, scuole ed altri grandi edifici pubblici. L’efficienza e di conseguenza il risparmio sono consistenti: i nostri studi hanno evidenziato differenze del doppio rispetto ai sistemi tradizionali; inoltre questa tecnologia consente anche di immagazzinare il freddo, in modo tale da sopperire ai periodi di picco di domanda senza sovraccaricare il sistema.

Qual è il livello di diffusione di questi sistemi?

Il District coolig è ancora relativamente poco conosciuto e diffuso. È vantaggioso economicamente in luoghi ad alta densità, perché richiede un investimento iniziale molto oneroso. A distanza di tempo però si godono notevoli benefici in termini di consumi e di qualità dell’ambiente: l’aria è più pulita, ne giova quindi anche la salute oltre al portafoglio. L’Europa è pioniera in questo settore: in città come Parigi e Stoccolma il sistema di tele-raffreddamento è affidato al comune, che stipula contratti di concessione con enti privati. In questo modo vengono raffreddati musei, teatri, distretti d’affari, utilizzando come scambiatori di calore/freddo le acque del mare da una parte, della Senna dall’altra, stando attenti a non alterare gli equilibri ecologici dei sistemi acquatici. Anche città come Lisbona e Barcellona hanno delle reti simili in zone ad alta concentrazione urbana. Ma esistono distretti tele-raffreddati in tutto il mondo. Gli Stati Uniti e il Giappone e Medioriente hanno visto una crescita rapida nell’applicazione di questi sistemi, in uso in edifici come il Pentagono e nei campus universitari. La maggiore struttura di tele-raffreddamento al mondo si trova in Qatar, con tre impianti già presenti ed un quarto in costruzione, che raffreddano una parte della città di Doha.

E per quanto riguarda l’Italia?

L’Italia ancora non possiede questo tipo di impianti, abbiamo solo degli esempi di tele-riscaldamento in alcune regioni del Nord. Questo avviene per due ordini di motivi. Da una parte culturale: il nostro paese ha una resistenza alla messa in comune dei beni e dei bisogni, rispetto al Nord Europa; siamo abituati ad avere la nostra caldaia, il nostro impianto, la nostra bolletta. E poi c’è una questione strutturale: non tutti i luoghi sono adeguati, questi impianti funzionano quando le distanze fra gli edifici non sono lunghe, oppure pensiamo a come sarebbe complicato fare scorrere tubature nel sottosuolo di Roma. In un discorso di pianificazione urbana, l’idea è quella che sui nuovi sviluppi si ragioni su servizi energetici di questo tipo ed integrati fra di loro.

Lei è fiducioso rispetto alla possibilità di fare rientrare l’allarme lanciato dallo Iea?

Non è solo un discorso di tecnologie, ma di come vengono promosse ed attuate. È necessario accoppiare le nuove tecnologie a un supporto politico importante. Non si può lasciare la scelta, dalla grande azienda al singolo cittadino, al libero arbitrio, che il più delle volte è condizionato dal fattore economico. Dopodichè la prima pedina del meccanismo è la riduzione dei consumi accompagnata dall’efficienza energetica dobbiamo diminuire la domanda e gli sprechi. Questo si raggiunge attraverso una molteplicità di strategie: per quanto riguarda le persone incentivando gli acquisti degli apparati più efficienti ed educando ad un utilizzo razionale. Per quanto riguarda la pianificazione architettonica, anche come vengono costruiti gli edifici è importante affinchè richiedano meno aria condizionata: bisogna imporre degli standard minimi non solo per gli apparati ma anche rispetto la scelta dei materiali e l’orientazione degli edifici. L’Europa è all’avanguardia in termine di dibattito, ma considerando la domanda energetica globale dovuta al raffreddamento, bisogno mettere in campo un’ulteriore sforzo. In questo modo ce la potremmo fare.