Prima la Terra dei fuochi, ora le navi dei veleni e i traffici con la Somalia. L’«operazione trasparenza» sui rifiuti tossici lanciata dalla presidente della Camera Laura Boldrini – iniziata a fine ottobre con la pubblicazione delle dichiarazioni dell’ex boss dei casalesi Carmine Schiavone sugli sversamenti nell’agro campano – è arrivata al cuore dei silenzi che da vent’anni avvolgono alcuni dei più fitti misteri italiani.

Come gli affondamenti di navi cariche di scorie nel Mediterraneo e i traffici di armi e rifiuti con la Somalia. E la storia di due morti irrisolte: l’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin il 20 marzo del ’94 a Mogadiscio, e la morte sospetta dell’investigatore che indagava sugli affondamenti delle “navi a perdere”, il capitano di corvetta Natale De Grazia, avvelenato il 13 dicembre ’95 a Nocera Inferiore.

Dopo la richiesta di Greenpeace, l’ufficio di presidenza di Montecitorio ha avviato il percorso per la desecretazione dei documenti riservati delle Commissioni parlamentari d’inchiesta – più di 600 dossier segreti, come ha rivelato il manifesto – girando la richiesta ai servizi di intelligence italiani.

Presidente Boldrini, sul traffico dei rifiuti lei ha avviato un’operazione di trasparenza e verità. Fare chiarezza sul traffico nord-sud, sulle navi dei veleni e sul caso Alpi-Hrovatin, solo fino a pochi mesi fa, sembrava impensabile. Cos’è cambiato?

Non so cosa avesse impedito precedentemente di avviare un percorso di trasparenza. Quello che so è che oggi la questione è assolutamente decisiva per la credibilità delle istituzioni: se vogliamo provare a ripristinare un rapporto di fiducia coi cittadini, è indispensabile togliere il velo del segreto ogni volta che sia possibile e giusto.

È un’iniziativa importante, perché su questi temi spesso è sembrato che ci fosse una “ragion di Stato”.

Non possiamo dimenticare di vivere in un Paese nel quale, troppo spesso, il segreto è stato apposto e invocato non a tutela dei diritti di molti, ma a guardia degli interessi e dei privilegi di pochi. Ciò ha fatto consolidare nell’opinione pubblica un muro di scetticismo che chi opera nelle istituzioni si deve porre l’obiettivo di sgretolare. È per questo che ad esempio a fine ottobre l’ufficio di presidenza della Camera ha deciso di togliere il segreto sulle dichiarazioni rese nel ’97 da Carmine Schiavone alla Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti sulla cosiddetta “Terra dei Fuochi”. E quell’iniziativa ha sollecitato nuove curiosità e nuove domande.

Per le “navi dei veleni” però è diverso: la questione è ancora più spinosa.

Sulle “navi dei veleni” ho ricevuto pochi giorni fa una richiesta da parte di Greenpeace e dei Verdi e ho sottoposto immediatamente la questione all’ufficio di presidenza, dove è stato condiviso da tutti l’avvio di una procedura per togliere il segreto sul più alto numero possibile di documenti in materia. Ricordo che delle cosiddette “navi dei veleni” si sono occupate sia le Commissioni sul ciclo dei rifiuti che hanno operato negli ultimi dieci anni, sia la Commissione di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin istituita nella sedicesima legislatura. Quegli atti sono conservati presso l’archivio storico della Camera.

Quali sono gli ostacoli che ora potrebbero rendere difficile la desecretazione? Che cosa potrebbe non funzionare?

Non parlerei di «qualcosa che può non funzionare». Credo – anche qui per amore di trasparenza – che sia necessario spiegare bene la procedura che è stata avviata. I documenti di cui parliamo sono essenzialmente atti che le Commissioni parlamentari di inchiesta hanno acquisito da altre autorità, che li hanno trasmessi con il vincolo di riservatezza o segretezza. Per togliere il segreto dunque dovremo interpellare loro affinché possano rimuovere o confermare il vincolo. Questa è la procedura prevista dal regolamento dell’archivio storico della Camera. Nel caso invece di atti o documenti prodotti dalle Commissioni stesse, e poi sottoposti al cosiddetto “segreto funzionale” – quello che può essere posto per tutelare il buon esito dell’inchiesta parlamentare e che, ad esempio, si pone per preservare certi testimoni chiamati a rilasciare dichiarazioni davanti alla commissione d’inchiesta –, si potrà procedere alla loro desecretazione una volta verificato che ciò non intralci l’attività di altri organi dello Stato, ad esempio inchieste giudiziarie in corso.

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Che cosa si impegna a fare sin d’ora la presidenza della Camera per superare eventuali intoppi?

La presidenza farà tutto quello che si renderà necessario perché il cammino che si è intrapreso vada a buon fine. Naturalmente tutto ciò avverrà nel rispetto delle regole dettate dal nostro ordinamento e delle competenze spettanti agli altri soggetti istituzionali coinvolti. Come ho detto prima, l’iter coinvolgerà anche valutazioni di altri organi dello Stato.

Quali sono i tempi?

L’attività degli uffici di Montecitorio è già cominciata, stiamo lavorando per individuare gli atti e i documenti in questione. Si tratterà poi di dare alle altre autorità il tempo di svolgere le loro istruttorie. Non escludo che si possa “frazionare” il percorso in più tappe, qualora alcune risposte giungessero già in tempi brevi.

Si è sentita con il collega Grasso? C’è un coordinamento tra voi su questo tema?

Al momento gli atti e i documenti dovrebbero essere tutti depositati presso l’archivio storico della Camera, e quindi la procedura sarà gestita presso la Camera stessa. Se dovessero emergere esigenze diverse comunque è evidente che vi sarà un coordinamento tra Camera e Senato.

L’Italia negli anni ’80 e ’90 ha esportato rifiuti pericolosi nei paesi africani e latino-americani. Poi sono iniziati i traffici verso il Mezzogiorno. Nonostante questi precedenti non abbiamo ancora una legge che punisca severamente i reati ambientali, prescritti oggi in pochissimo tempo. Ci potrà essere, secondo lei, un interesse di questo Parlamento a varare riforme in questo settore?

Nel calendario dei lavori dell’assemblea della Camera per il mese di dicembre è già inserito l’esame di alcune proposte di legge attualmente all’esame della Commissione Giustizia. Sono testi che riscrivono completamente la materia dei reati ambientali, inasprendo in particolare le sanzioni e prevedendo la punibilità di condotte oggi prive di disciplina normativa. Anche sotto questo profilo penso proprio che la Camera riuscirà a dare una risposta concreta in tempi ravvicinati.

Perché non è ancora stata istituita la Commissione bicamerale d’inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti?

Il progetto di legge di istituzione della Commissione la Camera lo ha approvato già lo scorso 11 luglio. Il testo ora è all’esame al Senato e a quanto mi risulta la commissione competente del Senato potrà procedere alla sua approvazione senza necessità di passare per l’assemblea, avendo avuto assegnato il progetto di legge in sede deliberante il 18 ottobre scorso. Sono fiduciosa che presto anche il Senato lo voterà.