I campi di rifugiati allestiti in territorio algerino per i duecentomila saharawi fuggiti nel 1975 in seguito all’occupazione marocchina della loro terra, il Sahara Occidentale, vivono in questi giorni momenti drammatici.

Nelle ultime due settimane, incessanti e violente alluvioni stanno letteralmente cancellando le precarie costruzioni che davano riparo alla popolazione, ospitata da quarant’anni in tende e case di sabbia e in attesa, da ventiquatto anni, di un referendum per l’autodeterminazione annunciato nel 1991 e mai realizzato.

Le Nazioni unite spendono 60 milioni di dollari all’anno per mantenere lì una missione d’osservazione composta da 240 militari. Per i duecentomila rifugiati saharawi i contributi delle Nazioni unite ammontano a 30 milioni di dollari, ma il loro ottenimento non è mai garantito: ogni volta, i saharawi sono costretti a motivare le loro ovvie necessità per poter ricevere questo aiuto.

Necessità acuite proprio dal fatto che nessuno si preoccupa dei loro diritti.

L’unico interesse che le Nazioni unite sembrano perseguire è un cessate il fuoco che al momento garantisce solo l’occupante marocchino, e che impone ai saharawi una condanna senza fine pena e senza motivo.

Dimenticati dai media e dalla comunità internazionale, bambini, anziani, donne e uomini privati di ogni diritto elementare sono costretti a una attesa infinita nel deserto, esposti all’assenza di generi di prima necessità e, come in questo caso, alle intemperie più violente.

Mi appello alla vostra sensibilità e alla vostra attenzione professionale sul tema delle nuove criticità che le condizioni disperate generate dalle alluvioni stanno creando nei campi saharawi. Spero vivamente nella pubblicazione della notizia.

*rappresentante del popolo saharawi per l’Italia