Gli effetti delle nuove misure «si vedranno nel tempo», dicono di concerto il premier Matteo Renzi e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. «Li vedremo solo nei prossimi mesi», conferma il titolare del Lavoro, Giuliano Poletti. E meno male: perché i dati diffusi ieri dall’Istat mostrano un fatto piuttosto evidente: che i mezzi messi in campo finora dal governo – vedi il Jobs Act 1, meglio noto come “decreto Poletti” sui contratti a termine – ha miseramente fallito.

Eccoli, i numeri dell’istituto di statistica: la disoccupazione generale in Italia è cresciuta anche in novembre, raggiungendo il dato record del 13,4%. In aumento anche quella giovanile, al 43,9%. E attenzione, il decreto Poletti è del marzo 2014, convertito in legge due mesi dopo. Ha lavorato così bene in tutto questo tempo? E dire che doveva essere il fiore all’occhiello del governo Renzi, una delle prime misure adottate: per sbloccare le assunzioni, non più frenate dalle “odiose”causali e dalla paura degli imprenditori di beccarsi una causa. Infatti.

Come con la “ripresa”, quanto mai fantomatica, anche in questo caso il premier e i ministri rimandano il “miracolo” ai mesi venturi, spingendo a forza la luce in fondo a un tunnel sempre più lungo. Sperando che le misure contenute nel Jobs Act e nella legge di stabilità – approvati entrambi in dicembre – diano quel salto di qualità finora non pervenuto.

Dati tutti in salita: quel 13,4% è frutto di un incremento di 0,2 punti rispetto a ottobre, raggiungendo il valore più alto sia dall’inizio delle serie mensili (gennaio 2004), sia di quelle trimestrali (dal 1977). Il numero di disoccupati tocca così quota 3 milioni 457 mila, con un aumento dell’1,2% rispetto al mese precedente (+40 mila) e dell’8,3% su base annua (+264 mila).

Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), che come abbiamo detto a novembre è salito fino al 43,9%, è in rialzo di 0,6 punti rispetto a ottobre. E anche qui si tratta del valore più alto mai registrato. Sono in cerca di un lavoro 729 mila under 25.

E così mentre da noi la disoccupazione sale, altrove – tanto per fare un esempio “a caso”, in Germania – invece scende. Il paese guidato da Angela Merkel può adesso vantare un lusinghiero 6,5%, quindi più basso della metà rispetto al nostro macroscopico dato. E alla cancelliera è andata meglio del previsto: il numero dei senza lavoro è calato di 27 mila unità contro le 5 mila attese dagli economisti.

Su una media più bassa e comunque stabile, seppure problematica, l’intera Eurozona: 11,5%. Dato che noi sfondiamo, come è evidente, di ben due punti.

Molto duro il commento della Cgil: «La politica economica del governo non è in grado di rilanciare la crescita perché non punta sulla creazione di lavoro – dice la segretaria confederale Serena Sorrentino – L’esecutivo dovrebbe fare una riflessione sul fallimento del programma Garanzia giovani».

Per Guglielmo Loy (Uil), si tratta di un «prevedibile effetto annuncio», per «l’attesa della maggiore convenienza offerta alle imprese da strumenti quali il contratto a tutele crescenti».

Chiede un «patto sociale per il lavoro» la Cisl, con il segretario Gigi Petteni. E pur vedendo ovviamente come non rosei i dati Istat, la Cisl matura però un giudizio positivo, a differenza della Cgil, rispetto a garanzia giovani: «Una buona quota di questi dati negativi è figlia di una parte della popolazione italiana che è tornata a cercare lavoro, uno dei pochi aspetti dinamico-positivi sin qui innescati dalla Youth guarantee, e quindi viene calcolata come nuova ulteriore disoccupazione».

Una lettura diversa, che conferma quella data dal governo, è quella di Italia Lavoro, secondo cui le imprese non hanno assunto per il momento perché attendono l’operatività del Jobs Act: «I dati Istat, pur nella loro gravità, riflettono l’attesa da parte delle imprese della piena operatività del Jobs Act e della legge di stabilità – afferma il presidente di Italia Lavoro, Paolo Reboani – Occorre accelerarne l’attuazione, per dare uno shock al mercato del lavoro. I numeri registrano inoltre un recupero al mercato del lavoro dei giovani inattivi, i cosiddetti Neet, grazie al programma Garanzia giovani».

Ma se anche questa lettura fosse quella giusta, non confermerebbe ad esempio quanto osservato da tanti rispetto alla legge Poletti sui contratti a termine, ovvero che se non dannosa, è stata perlomeno inutile a rilanciare il mercato del lavoro, e insieme contraddittoria rispetto a quanto contenuto nel Jobs Act di recente approvato dal Parlamento?