Edih Piaf, Lady D, Brigitte Macron, Cicciolina: dentro il centro di accoglienza diurno francese dove passano le giornate un gruppo di donne senzatetto ognuna viene chiamata con uno pseudonimo di sua scelta – una decisione che rispecchia quella del regista di Le invisibili (nelle sale dal 18 aprile) Louis-Julien Petit, che protegge l’identità delle sue protagoniste – quasi tutte non professioniste trovate fra le ex ospiti di questi centri. «Più che storie particolari cercavamo delle personalità – racconta Petit – e dopo aver selezionato le protagoniste abbiamo organizzato per loro dei laboratori teatrali. Ciascuna ha scelto il suo soprannome e lo ha poi mantenuto anche sul set».

La sua commedia è infatti ambientata fra le invisibili del titolo: donne senza fissa dimora, la cui lotta per riemergere è ostacolata dall’ottusità el’indifferenza delle leggi che regolano l’assistenza sociale. Per questo le assistenti che lavorano con loro scelgono di intraprendere ,nel tentativo di aiutarle davvero, una strada alternativaa quella ufficiale – e legale.

Qual è l’idea di partenza di «Le invisibili?»
Un documentario di Claire Lajeunie – Femmes Invisibles – Survivre à la rue – che ha lavorato a lungo a stretto contatto con queste donne. E ha anche scritto un libro sulla sua esperienza: Sur la route des invisibles. Quando l’ho incontrata mi ha raccontato di essersi molto divertita nonostante la situazione particolarmente dura con cui ha avuto a che fare. E in effetti quando sono stato personalmente in questi centri – dove ho passato un anno a fare ricerca e preparazione per il film – mi sono accorto che erano l’esatto opposto di quello che immaginavo: pieni di ironia, di «luminosità». E lì ho scoperto anche gli altri invisibili: gli assistenti sociali che non ricevono alcun aiuto da parte dello Stato e del governo, e che invece è necessario sostenere affinché il loro lavoro possa essere d’aiuto a chi vive per strada.

Nel film viene infatti sottolineata l’inefficienza del sistema dell’assistenza sociale in Francia, che appare schiacciato dalla burocrazia, da leggi inadeguate…
Passando del tempo nel centro d’accoglienza mi sono reso conto molto presto che le regole esistenti non sono adeguate. Il problema delle persone che vivono per strada viene affrontato a un livello generale, senza entrare nelle traiettorie individuali dell’assistenza. Il reinserimento funziona per livelli, come in un videogioco: una volta che si accede a quello superiore non si può più tornare indietro. Per esempio dal momento in cui a una di queste donne viene assegnato un alloggio, perde automaticamente il diritto di tornare al centro di accoglienza dove veniva seguita in precedenza, di parlare con le persone con cui avevi intessuto dei rapporti. Si ottiene la propria camera ma si è soli: non c’è più coesione sociale, una rete di legami. L’alloggio è un obiettivo importante, ma non dovrebbe essere l’approdo quanto piuttosto il punto di partenza di un percorso in cui serve un accompagnamento anche attraverso le sfide che arrivano dopo. È quello che dice Audrey (una delle volontarie del centro, interpretata da Audrey Lamy, ndr) nel film: «Perché adesso le devo abbandonare?» Sarebbe importante non dover passare da un assistente sociale all’altro. E andrebbero unificati gli aiuti statali – finanziari, per l’assistenza medica, psicologica – che invece funzionano anch’essi a compartimenti stagni. Le invisibili racconta infatti un gesto di disobbedienza civile rispetto all’inadeguatezza delle leggi esistenti.

A proposito di disobbedienza cosa pensa dei gilet gialli?
Alla base del movimento dei gilet gialli c’è stato l’aumento del presso della benzina, quindi tutto è cominciato da dei lavoratori – soprattutto dei trasporti – in difficoltà. A loro si sono uniti tantissimi precari – in Francia la precarietà è una realtà fin troppo diffusa. Io credo a questo movimento, che trovo «umanista»: le immagini della distruzione e della violenza per le strade di Parigi non rappresentano la maggioranza dei gilet gialli. La disobbedienza delle Invisibili è sintonizzata sulla contemporaneità, sugli eventi e le difficoltà che la Francia sta attraversando.