«Le ore passano, la nostra determinazione no. Ma è necessario che i giovani di tutte le province convergano a migliaia su Ouagadougou…». Così Samsk Le Jah, leader del Balai Citoyen, artista afro-reggae e animatore di Radio Omega, l’emittente indipendente che ancora ieri, dopo la chiusura imposta dai pretoriani della guardia presidenziale, ha continuato la sua diretta sui social network.

E i ragazzi restano in strada, un po’ in tutti i centri urbani, a due giorni dal colpo di stato che ha interrotto la transizione politica del Burkina Faso quando alle elezioni mancavano solo poche settimane. Soprattutto a Bobo Djoulasso, la seconda città del paese, dove ieri sono tornati a gridare la loro rabbia davanti alla caserma di Camp Ouézzin Coulibaly, per esortare i militari a schierarsi con la popolazione e contro i golpisti. Qualcosa di simile è accaduto nel pomeriggio, quando il generale Zagré, capo di stato maggiore dell’esercito, ha emesso un breve comunicato di condanna delle violenze compiute contro la popolazione. Un modo per prendere le distanze dal Régiment de sécurité présidentielle (Rsp) e dal generale Dienderé, ex braccio destro del dittatore Blaise Compaoré nonché nuovo uomo forte del paese. Manca ancora un bilancio credibile dei disordini degli ultimi giorni, ma secondo i parenti di una delle vittime nell’obitorio del principale ospedale della capitale ci sarebbero undici corpi con ferite da armi da fuoco.

Per tutta la giornata di ieri in vari quartieri di Ouagadougou i manifestanti hanno eretto barricate e dato alle fiamme copertoni. Per disperderli i militari dell’Rsp non avrebbero esitato a sparare. Si moltiplicano gli appelli alla resistenza e alla disobbedienza civile, mentre il partito sankarista Union pour la renaissance annuncia la creazione di una Direzione nazionale di Resistenza attiva. Intanto il presidente senegalese Macky Sall e quello beninese Boni Yayi hanno proseguito all’hotel Laïca, nella capitale burkinabè, la loro opera di mediazione.