È da pochissimo disponibile «Animazioni 6», l’ultimo Dvd della serie curata da Andrea Martignoni e Paola Bristot in cui, nel corso di questi anni, è raccolto il meglio dell’animazione italiana, una selezione che ne mostra la vitalità e le sue geniali sfaccettature. Quest’ultima uscita si differenzia dalle altre per una rinnovata veste grafica, dal momento che, al disco, si accompagna un bel libretto, con schede dei film dell’antologia, immagini, ma anche interventi extra (in italiano e inglese). Il tutto, come sempre, prodotto dalle associazioni Ottomani e Viva Comix – per info in rete: www.animazioni.net o www.vivacomix.net.

Tanti, come sempre, sono i film inclusi: 59 secondi (Mauro Carraro, 2017); Alma (Michelangelo Fornaro, 2019); Egg (Martina Scarpelli, 2018); Hukule Määratud (Francesco Rosso, 2018); Inanimate (Lucia Bulgheroni, 2018); La nostra storia (Lorenzo Latrofa, 2018); Le nozze di Pollicino (Beatrice Pucci, 2018); Lo spirito della notte (Manfredo Manfredi, 2018); Lo Steinway (Massimo Ottoni, 2016); Memorie di Alba (Andrea Martignoni, Maria Steinmetz, 2019); Mercurio (Michele Bernardi, 2018); Per tutta la vita (Roberto Catani, 2018); Planets (Igor Imhoff, 2012); Sono un poeta, cara (Vincenzo Gioanola, 2019); X.Y.U. (Donato Sansone, 2019).
A questi si aggiunge un extra, il film d’animazione collettivo Re-Cycling Project (Rastko Ciric, Magda Guidi, Regina Pessoa fra i nomi coinvolti).

In qualunque modo la si pensi, rispetto al cinema dal vivo, all’animazione si deve dare atto di due caratteristiche: la possibilità di una maggiore assertività; una forte propensione alla sintesi figurativa. Di conseguenza, quando un animatore/una animatrice si trova ad affrontare temi che richiedono un certo sviluppo espressivo, va da sé che il risultato possa spesso presentare immagini il cui segno grafico e la cui plasticità siano pronunciati.

In merito, si possono citare i casi più «pittorici» presenti nell’antologia: per esempio, quello di un maestro come Manfredi che, nel suo Lo spirito della notte, coadiuvato da Giuseppe Spina («Nomadica»), ci propone un immaginario tendente all’immobilità del quadro, dove il dettaglio biografico prende tinte misteriose. Oppure, si può menzionare Roberto Catani, uno degli esponenti di punta dell’animazione neopittorica della Scuola di Urbino. Per tutta la vita è un tour-de-force di situazioni che si concatenano e si trasformano visivamente una dentro l’altra, narrando la memoria di un amore finito – un lui e una lei – come fosse un riverbero che sembra essere ovunque.

Ma la memoria è un macro-tema in comune con altri film della raccolta. Sul piano biografico, non si può non citare Memorie di Alba, testimonianza amorevole della nascita di un amore passato in un linguaggio inventivo – certamente non sinonimo di qualcosa di vecchio. Oppure, vale la pena menzionare Egg, un lavoro interpretabile figurativamente come uno studio sulla figura umana, su cui la voce fuori campo sembra delineare una specie di ricordo-confessione in atto. Non manca nemmeno un riferimento alla memoria come Storia tradizionalmente intesa, vista l’evocazione de La Grande Guerra in Lo Steinway, film in cui Ottoni, raccontandoci del valore unificante della musica in mezzo al conflitto in trincea, riesce a mostrare un uso estremamente fluido e molto elegante di diverse tecniche d’animazione.

Come detto, assieme ai lavori degli autori e delle autrici di «Animazioni 6» c’è, anche, Re-Cycling Project. Al riguardo, Bristot scrive: «è un film d’animazione disegnato direttamente su pellicola 35 mm che ha coinvolto 10 autori europei in un progetto collettivo. Il progetto si è sviluppato seguendo il meccanismo di un gioco in cui il soggetto è un oggetto di scambio, un guanto come un cavaturaccioli o un mazzo di chiavi… Gli oggetti scelti casualmente da ogni autore sono stati spediti da uno all’altro, secondo un piano pre-ordinato, senza svelare ad ogni destinatario il mittente o il significato dell’oggetto.»

Guardando il film in questione, si capisce come il carattere giocoso che pervade l’operazione sia, tra le tante cose, un magnifico escamotage per veicolare una pratica che è stata centrale nel cinema delle origini e che risulta rilevante in molto cinema di ricerca. A partire dal punto di vista futurista di Bruno Corra e Arnaldo Ginna, casi come quelli dell’artista neozelandese Len Lye prima e del filmmaker statunitense Stan Brakhage poi – per citarne due – mostrano come l’idea di fare cinema su pellicola sia stata una prassi diffusa, meditata, condivisa in tanti sperimentatori. Senza dimenticare che si tratta di una pratica viva ancora oggi. In fondo, un film come Re-Cycling Project non fa altro che ricordarci come, in certa animazione, la profondità – di segno, di immaginario – sia, alla fine, un «gioco da ragazzi» che è per tutti ma non è da tutti.