Nel dibattito su come ci si debba rapportare al movimento dei no-vax, no-green pass e alle loro manifestazioni di piazza, c’è una posizione diffusa anche in parte della sinistra perché tocca o ammicca impropriamente ad alcune sue sensibilità identitarie.

Questa posizione, appoggiandosi alla valutazione in sé corretta, che i problemi connessi alla pandemia siano ben altri rispetto a quelli riconducibili all’azione di quel movimento, finisce per attenuarne le pur evidenti responsabilità e i gravi pericoli che esso genera.

Per esempio attaccare chi sosterrebbe, esageratamente, che quel movimento ci avrebbe portato sulla soglia di un’esplosione di violenza sovversiva, diventa un artificio retorico che indebolisce, proprio avendole esagerate, le critiche ben ponderate che invece è necessario rivolgergli per neutralizzare la sua azione deleteria.

Questa retorica finisce per distrarre l’attenzione dal fatto che il movimento dei no-vax e affini e chi lo cavalca politicamente pescando nel torbido del populismo più retrivo, stanno ostacolando la lotta al contagio da Covid-19, il ché, per dirla senza un filo di retorica, lede un interesse generale di grandissimo rilievo. Né si possono sottovalutare il rilievo simbolico e i precedenti storici evocati dall’assalto alla sede della CgilL cui, peraltro, almeno finora, non ha fatto seguito alcun provvedimento verso l’organizzazione fascista che l’ha organizzata.

Un equivoco da sfatare, perché suscettibile di far proseliti a sinistra, è che le limitazioni oggi richieste per le manifestazioni dei no-vax potrebbero poi estendersi ad altri ambiti di legittimo dissenso, a danno della libertà di espressione e del diritto di organizzare manifestazioni. Anche questa preoccupazione è distorta dal benaltrismo, nel senso che si evocano “ben altre” conseguenze negative future che sarebbero ascrivibili ai divieti oggi sostenuti contro il movimento no-vax.

Ponendo sullo stesso piano le motivazioni, le giustificazioni e le conseguenze di scelte operanti su piani qualitativi diversissimi. Sarebbe sensato, ad esempio, se per difendere la generale libertà d’opinione si consentissero manifestazioni pubbliche di organizzazioni che la negano? Si potrebbe permettere a chiunque di costruire ponti o fare interventi chirurgici senza aver dato prove che ne attestano la capacità? E in situazioni pandemiche, è pensabile che in nome della libertà dei singoli si possa concedere a ciascuno di potersi muovere liberamente in ambienti anche affollati senza alcuna precauzione contro il contagio?

Molte e rilevanti sono le questioni da valutare nell’analisi della pandemia e delle azioni di contrasto ai suoi drammatici effetti come, ad esempio:

  • la necessità in primo luogo etica di vaccinare gli abitanti dei paesi meno sviluppati (anche per ostacolare la circolazione globale di nuove varianti del virus meno controllabili, come quella individuata in Sudafrica);
  • le modalità d’intervento sui brevetti per limitarne gli effetti controproducenti sulla più ampia diffusione dei vaccini e dei farmaci;
  • la necessità di rafforzare i sistemi sanitari pubblici anziché indebolirli come si è fatto negli ultimi decenni; considerare adeguatamente i timori per i possibili effetti collaterali dei vaccini; ecc.

Ma affrontare questi problemi non toglie che l’azione esercitata dai no-vax sia pericolosa e debba essere efficacemente contrastata.

Se solo in Italia sono morte più di 133.000 persone per il Covid (ma i dati Istat di confronto con le tendenze della mortalità pre covid-19 fanno ritenere che questa cifra sia sottovalutata) la colpa non è dei no-vax, ma sicuramente essi ancora contribuiscono a frenare la lotta al contagio.

L’istituto Superiore di Sanità stima che la percentuale dei contagiati di Covid tra i non vaccinati è nove volte superiore a quello tra i vaccinati.

Un conto è rispettare i diritti delle minoranze, altro è che la loro osservanza vada a discapito di quelli della maggioranza che, come in questo caso, affondano le loro giustificazioni anche nelle analisi e raccomandazioni della comunità scientifica mondiale.

Si deve discutere senza retorica e con razionalità, ma soprattutto senza chiudersi in recinti pseudo identitari che spesso servono solo a distinguersi anche quando non ve n’è motivo; come accade anche nella sinistra (tranne poi a sorprendersi di scoprire con chi ci si ritrova accomunati).