L’aria che si respira non mi piace affatto, abbiamo perso anche il diritto alla felicità (e pensare che fin dai primordi la filosofia si fondava su analisi improntate all’eudemonismo) e si va consolidando una perniciosa forma di consenso plebiscitario a una conduzione politica che slitterà sicuramente verso il personalismo politico e una specie di bonapartismo moderno.

In nome dell’emergenza stanno conculcando diritti di primaria importanza e indottrinando un popolo già fortemente omologato, mesmerizzando la capacità critica e la facoltà di vedere oltre o avere anche solo un quadro non parcellizzato della situazione in cui versiamo. Definiamo intellettuali quelli che sembrano ripetere luoghi comuni e vendere verità surrettizie a ogni presso, ma spesso sono mezzibusti da arena televisiva o prezzolati da un sistema cattivo maestro di intere generazioni.

Stiamo anche perdendo il diritto a un contraddittorio rigoroso e al pluralismo di voci che sono il sale della democrazia. Il fatto è che scienza e mercato, questi mostri sacri di oggi, senza un serio ordito assiologico risultano essere altrettante fonti di dogmi, assiomi, e dettami apodittici. Questa non è scienza ma scientismo, e quanto al mercato sappiamo bene che non crea benessere e non assolve al Bene Comune tanto strombazzato, ma porta concentrazioni di ricchezza vertiginose a favore di tanta diseguaglianza e povertà. Non da oggi sono convinto che il fulcro dei ragionamenti di Foucault e Deleuze e Guittari era il passaporto filosofico per comprendere la dimensione attuale di una politica disastrosa. Bisognerebbe piuttosto sostenere il principio, a livello orientativo e normativo, perlomeno in certi casi, che dal particolare va al generale piuttosto che dal generale al particolare. Mercato e scienza, poi, senza una scala assiologica valida divengono apodittiche e potenzialmente criminali.

Niente di nuovo per Pasolini che bene conosceva la deriva autoritaria di istituzioni oggi genuflesse di fronte a una discrezionalità amministrativa che scorda il Diritto e anzi il diritto della persona all’autodeterminazione, per mezzo della rivendicazione di continui stati di eccezione. E crea disorientamento, panico e incapacità di pensare non solo una pratica di vita non eterodiretta, ma un linguaggio che ci riscatti dalla normalizzazione di termini falsificatori, mistificanti. Termini in cui il significante eccede in blocco il significato e la sua veridicità e aderenza a quelli che sono i fatti, parole come enormi contenitori di cose e concetti eterogenei in un frullato informe che uccide la particolarità e la sua cogenza.

Non risulta, del resto, che fare appello a un bene ritenuto superiore per discriminare e ridicolizzare gruppi sociali sia un buon esempio di salute democratica. Bisognerebbe piuttosto chiedersi se non giovi di più a uno Stato di Diritto un confronto più sereno e rispettoso, senza tabù e pagliaccesche boutade, ma condotto credendo, giustamente, che una forma di pluralità di idee sia auspicabile e preferibile anche quando si vorrebbero derubricare immediatamente come scandalose.

A chi si fosse svegliato dal greve sonno dell’ingenuità solo di fronte a ciò che si vocifera rispetto all’obbligo vaccinale, farei presente che abbiamo già ampia esperienza quotidiana di Tso in ambito psichiatrico, e in numero assai maggiore che non nella sfera di un principio dello stretto necessario (minimum decet libere cui multum licet) e purtroppo il potere decisionale affidato a norma di legge agli psichiatri non rispetta questa massima, a nostro modo di vedere.

Sempre, Pasolini, nella sua ultima intervista, rivendicava il diritto dell’intellettuale, e non solo, a scandalizzare come a essere scandalizzato, ma non credo che intendesse come scandaloso il confronto quanto piuttosto la mancanza di esso. Vorrei far presente, inoltre, ai difensori di un Diritto Naturale (giusnaturalismo) tanto sensibili al principio di non lesività della proprietà privata che il proprio corpo è la prima e più fondamentale forma di proprietà privata di cui l’uomo fa esperienza nel corso di una vita…