Dal disastro ambientale a quello giudiziario. Tutti assolti i vertici della Montedison finiti alla sbarra nel processo per la megadiscarica di tossine di Bussi sul Tirino, paesello i cui terreni sono stati riempiti di rifiuti tossici, inzeppati in un deposito di 25 ettari scoperto nel 2007. Per la «più grande discarica d’Europa», per una delle 37 aree più inquinate d’Italia, per una delle emergenze ambientali più imponenti del Belpaese… nessun colpevole. Questo ha sentenziato ieri pomeriggio la Corte d’Assise di Chieti. Due i reati contestati: avvelenamento delle acque e disastro ambientale. Il dispositivo a firma del presidente Camillo Romandini recita: «Visti gli articoli 442 e 530 Cpp (Codice di procedura penale), assolve gli imputati dal reato loro ascritto A ‘avvelenamento acque’ perché il fatto non sussiste. Visti gli articoli 521 e 531 Cpp previa derubricazione del reato contestato B (disastro ambientale doloso) in quello di disastro colposo ex art.449 Cp (Codice Penale, ndr) dichiara di non doversi procedere nei confronti degli imputati per intervenuta prescrizione». Le motivazioni verranno depositate entro 45 giorni. L’avvelenamento delle acque, quindi, stando al verdetto emesso, non c’è e non c’è stato, anche se controlli e prelievi dimostrano altro. Mentre il disastro c’è, ma non è stato intenzionale, non è stato voluto, e, siccome è passato tanto troppo tempo, nessuno pagherà, almeno a livello penale, per esso. «Temevamo che finisse così – dicono alcuni cittadini di Bussi -. Questo è il posto dei veleni e intorno ci viviamo noi, che aspettiamo la bonifica. La paura è che non si venga a capo di nulla, ora più che mai».

I pm – Giuseppe Bellelli e Anna Rita Mantini – avevano chiesto condanne che andavano dai 12 anni e 8 mesi ai 4 anni. Gli imputati erano 19, fra ex dirigenti e tecnici dell’allora colosso chimico Montedison: Camillo Di Paolo, Maurilio Aguggia, Vincenzo Santamato, Guido Angiolini, Carlo Cogliati, Nicola Sabatini, Domenico Angelo Alleva, Nazzareno Santini, Luigi Guarracino, Giancarlo Morelli, Giuseppe Quaglia, Carlo Vassallo, Luigi Furlani, Alessandro Masotti, Bruno Parodi, Mauro Molinari, Leonardo Capogrosso, Maurizio Piazzardi e Salvatore Boncoraglio. Erano 27 le parti civili costituite.

Per la Corte l’avvelenamento delle acque è, dunque, una favola. Eppure una relazione recente dell’Istituto superiore di sanità dichiara che i corsi d’acqua che costeggiano e corrono sotto le discariche di Bussi potrebbero aver contaminato, nel tempo, e fino al 2007, circa 700mila cittadini della Val Pescara. Semplicemente bevendo l’acqua, utilizzandola in casa, negli ospedali, nelle scuole. Ottantaquattro pagine che analizzano, scientificamente la questione, a cominciare dalle 250 mila tonnellate di scorie e scarti della produzione di cloro, soda, varechina, formaldeide, percolati, cloruro di vinile, tricloroetilene e cloruro di ammonio sepolti dalla multinazionale nel corso della propria attività. Il danno ambientale stimato è di circa 8 miliardi e mezzo mentre per la bonifica occorreranno da 600 – 800 milioni. L’elenco dei veleni scovati è lungo… cloruro di vinile, tricloroetilene, esacloroetano, tetracloruro di carbonio, cloroformio, dicloroetilene: tutti cancerogeni. E ancora… l’esaclorobutadiene («cancerogeno e geno-tossico»), gli idrocarburi clorurati («cancerogeni») che superano talvolta migliaia di volte i limiti di legge, soprattutto nei sondaggi e campionamenti delle acque in profondità. E ancora piombo e mercurio, che hanno contaminato «in maniera massiva il suolo».

«Il disastro ce l’abbiamo e ce lo teniamo -, afferma Augusto De Sanctis, del Forum Acque Abruzzo -. Non ci sono colpevoli pur di fronte all’acqua piena di sostanze dannose e a un disastro accertato. Ci siamo scordati dei pozzi Sant’Angelo, quelli a valle della megadiscarica, che furono chiusi nel 2007, dopo le nostre battaglie, quelli che ancora oggi inquinano?».

«Mi auguro – dichiara Salvatore La Gatta, sindaco di Bussi – che come per la vicenda dell’amianto cresca lo sdegno nella pubblica opinione». Il primo cittadino rammenta anche che, davanti al Consiglio di Stato, ad opera della Montedison, pende un ricorso contro il ministero dell’Ambiente che, per via di una sentenza del Tar, aveva obbligato l’azienda chimica ad avviare le operazioni di bonifica del sito. Se ne discuterà il 4 gennaio. «Non vorrei che questa sentenza – aggiunge La Gatta – possa in qualche modo pesare sul Consiglio di Stato, aspettiamo fiduciosi».

«Il fatto che sia stato riconosciuto il disastro colposo – interviene il presidente della Regione, Luciano D’Alfonso – ci legittima ad attivare una causa per il risarcimento dei danni da parte di chi ha ridotto le acque e le terre dell’Abruzzo in queste condizioni».

«Da quanto accaduto in aula – dice l’avvocato Cristina Gerardis, dell’avvocatura dello Stato e parte civile nel processo – posso constatare che le acque sotterranee, le falde acquifere che costituiscono una risorsa fondamentale per l’uomo, non sono oggetto di tutela. Perplessità e un grande punto interrogativo ci sono perché, studiando bene le carte, abbiamo potuto constatare la gravità della situazione ambientale di quest’area, che ha bisogno di un giusto ristoro».

Afferma invece l’avvocato della difesa Carlo Baccaredda: «Esprimiamo grande soddisfazione. C’erano tante aspettative da parte dell’opinione pubblica. È stata esclusa, dalla sentenza, qualsiasi fattispecie di dolo».