«La dimensione della sconfitta della sinistra era del tutto prevedibile» dice il sociologo Domenico De Masi rievocando i precedenti colloqui con questo giornale. «Oltretutto – aggiunge – Subito dopo il voto avevamo detto che era assurdo che i 5 Stelle non facessero un accordo di programma. A me risulta che il Pd aveva proposto a Conte di scegliere lui il candidato per il Lazio. Se fosse vero sarebbe un errore enorme».

Natale Di Cola, segretario della Cgil di Roma e del Lazio, commenta la vittoria della destra e l’astensionismo che dilaga parlando di una «società che non riesce più a pensare la trasformazione». Che ne pensa?
La società non esiste esistono solo gli individui, diceva Thatcher. Per me invece la società esiste, ma in questo caso la colpa è delle avanguardie che si sono appropriate della scacchiera politica. C’entra l’incapacità di leggere la società da parte dei partiti. Daniel Bell, Alain Touraine e André Gorz avevano descritto fin dagli anni Cinquanta e Sessanta cosa sarebbe successo. Quando è arrivata la società postindustriale è cambiato tutto e la sinistra ha continuato a ragionare in termini industriali. La sinistra deve essere la prima in assoluto a leggere le trasformazioni sociali, da questo punto di vista la sua scissione con gli intellettuali è gravissima.

Meloni come supplisce questa carenza?
La supplisce molto relativamente, visto che ha il 40% del 40%. Da questo punto di vista è sconfitta come tutti gli altri. Solo che nel vuoto le destre estreme sono più attrezzate: a capovolgerlo in regime autoritario ci vuole poco. Il vuoto politico è un disastro per una società civile, ma per la destra può essere persino una grande occasione.

Come se ne esce?
Le persone che ci hanno portato fin qui non sono le stesse che ce ne faranno uscire. Il Pd è un partito di sinistra inquinato di neoliberismo. I 5S sono assolutamente carenti di organizzazione, hanno fatto parecchi passi per trasformarsi in partito e ora è come se questa marcia si fosse arrestata. Non si è fermata solo la macchina organizzativa, ma anche quella formativa: nulla ha fatto sì che diventassero una seria formazione di sinistra. I partiti sono anzitutto strutture pedagogiche, insegnano al popolo come si legge e come si migliora la società. Non lo hanno fatto né il Pd né il M5S. Il Pd ha presentato da poco un Manifesto dei valori che è un listone di problemi, un elenco di cose da fare. Ma non dice come, non dà le soluzioni.

Torniamo alla necessità della trasformazione.
Oggi abbiamo una classe dominante che fa rivoluzioni ma pretende che la classe dominata faccia solo riforme. Creano vaccini in nove mesi, mettono l’iPhone sul mercato, fanno le bombe atomiche. Però pretendono che i dominati facciano solo riforme, sapendo che queste hanno bisogno di tempo per verificarsi e quando ciò è avvenuto ormai è troppo tardi.

Ci sta dicendo che servirebbe pensare la rivoluzione anche dalle nostre parti?
Certo. Magari non cruenta. Serve un’azione radicale. Invece la sinistra ha accompagnato il neoliberismo. Ma il guaio maggiore è che manco se ne sono accorti. Queste elezioni sono l’ennesima firma su quel declino.