Il prezzo delle merci è visibilmente disgiunto dalla quantità e qualità del lavoro che è occorso per la loro produzione. La manipolazione della domanda ha scombussolato il suo rapporto tradizionale con l’offerta, agendo sulla progressiva distorsione del valore d’uso. Questo valore è legato alla specificità del modo di usare le cose, ma anche al lavoro che le realizza. Più definito è l’uso di un oggetto e più lavoro trasformativo ha richiesto la sua fabbricazione, più alto dovrebbe essere il suo valore per chi lo usa. A condizione di non confondere, quando li si usa, l’oggetto del desiderio con l’oggetto del bisogno.

Il bisogno usa oggetti di bassa specificità (per dissetarsi o sfamarsi una cosa tende a valere l’altra, per disfarsi di una tensione sensuale può bastare un atto autoerotico), tende alla scarica della tensione psicocorporea e all’identificazione del piacere con il sollievo. Aspira alla stabilità e si oppone alla trasformazione. Di conseguenza l’elaborazione sia della cosa che lo appaga sia dell’esperienza del suo appagamento non ha, di per sé, senso.

Il desiderio è tanto più sentito e la sua soddisfazione tanto più compiuta e intensa quanto più specifico è il suo oggetto. Realizza il piacere sotto forma di persistenza della tensione, attraverso modificazioni del suo andamento (in cui il ritmo ha una funzione importante) che le conferiscono una gradevolezza complessa e profondamente coinvolgente. Nasce da una trasformazione della struttura psicocorporea e la promuove verso un suo compimento: l’elaborazione è necessaria sia nella «costruzione» del suo oggetto sia nel suo godimento.

La distorsione della nostra percezione/concezione del valor d’uso si fonda sulla trasformazione degli oggetti potenziali di desiderio in oggetti di bisogno. Questo implica anche la presentazione di oggetti di bisogno (finalizzati alla scarica della tensione) come oggetti di desiderio. Perfino quando (soprattutto nel campo dell’alta tecnologia) il prodotto che entra nel mercato ha alle sue spalle un lavoro di ricerca sufficientemente creativo, il suo uso si realizza soprattutto come consumo compulsivo e distratto.

L’uso delle cose come strumento distensivo prevale ampiamente sulla loro reale utilità. Poiché la distensione permanente ha un effetto depressivo, l’aggancio all’eccitazione è necessario. Il modello non dichiarato delle merci oggi, è un oggetto eccitante e, al tempo stesso, calmante: produce eccitazione in superficie come argine alle trasformazioni profonde e significative della struttura psicocorporea. La tecnologia, supporto materiale dell’esistenza, è vulnerabile a questa deriva, perché può essere usata per scopi stabilizzatori. È sufficiente che il supporto si sostituisca alla sostanza, bloccandola.

La trasformazione di una materia in un prodotto e la trasformazione che il suo uso crea, sono strettamente associate, quando sono espressione del desiderio. Diversamente il legame tra produttori e consumatori si interrompe con l’alienazione di entrambi. Nella catena delle relazioni sociali l’oggetto creato senza desiderio sarà usato senza desiderio.

L’eclissi contemporanea del valor d’uso e del valore del lavoro produttivo, svilisce l’appropriazione creativa della realtà e l’esperienza conoscitiva. Questa esperienza è prodotta dal processo trasformativo che ha luogo in noi e nell’oggetto che ci interessa: possiamo conoscere veramente solo ciò che, mentre lo trasformiamo, ci trasforma. La produzione e il consumo senza trasformazione degli oggetti rende opaca la nostra esistenza e, aggiungendo al danno la beffa, ci impedisce di vedere le cause dell’opacità.