Di questi tempi, una delle locuzioni più diffuse è “diritti acquisiti” e ha un senso pratico (non giuridico) soltanto se viene accompagnata da aggettivi come “intoccabili”, “inviolabili”, etc. Da un punto di vista logico, di senso non ne ha poiché i diritti dovrebbero per loro natura essere acquisiti e intoccabili, altrimenti non sono diritti ma variabili dipendenti. E in effetti è così. Provate a chiedere agli operai della Electrolux che fine ha fatto il loro “diritto acquisito” a un equo compenso per il lavoro svolto. O alle lavoratrici sottoposte ai test di gravidanza prima dell’assunzione: chi tutela il loro “diritto acquisito” alla privacy?

Il fatto è che gli unici “diritti acquisiti” di cui tutti si riempiono la bocca

(in realtà non tutti, solo i parlamentari, i consiglieri regionali e provinciali, i manager pubblici e i dirigenti statali) sono quelli delle pensioni retributive, delle buonuscite e dei vitalizi.

Cominciamo da questi ultimi, che sono a ben vedere i più odiosi in quanto vero prodotto di casta. Una che li ha studiati per benino è la consigliera regionale 5 Stelle del Lazio, Valentina Corrado. Ha 28 anni, un’ottima preparazione giuridica e una determinazione sconfinata. È lei che ha scovato la lista dei vitalizi regionali in cui brillano – per citarne alcuni – gli 8.500 euro netti mensili al garante dei detenuti nel Lazio, Angelo Marroni (vitalizio, non emolumenti per il lavoro che sta svolgendo), i 5.321 di Anna Teresa Formisano (Udc) che, essendo nata nel 1956, secondo le statistiche di vitalità femminile, ne usufruirà almeno per altri 22 anni con un totale a spese del contribuente di 1.404.000 euro (non contando eventuali tredicesime), i 5.780 di Luigi Cancrini (Pd), fino ai circa 3.000 di chi è stato seduto in Consiglio per una sola legislatura.

Come sono state accolte le vostre proposte di abolire i vitalizi, peraltro secondo le indicazioni centrali di spending review? «Sono stata additata come una moralista. Alcuni consiglieri mi hanno spiegato che ci sono persone abituate a certi tenori di vita e non si possono cambiare, altri mi hanno detto che non capivano le mie spiegazioni tecniche».

Eh già, perché Corrado non si è limitata a motivare politicamente, il che già basterebbe. No, lei ha costruito un ottimo castello di argomentazioni giuridiche, che ora vi riproponiamo in modo che, da domani, potete replicare a chi sostiene che un “diritto acquisito” non si tocca.

Tanto per cominciare, potete spiegare che un vitalizio non è equiparabile a una pensione, non essendo sostenuto da alcuna cifra versata dal beneficiario. «Ma soprattutto, è possibile rendere il taglio retroattivo grazie a una serie di pronunce della Corte Costituzionale che si è espressa a favore della possibilità di modifica “in peius” a proposito delle pensioni di anzianità dei pubblici dipendenti», dice la consigliera Corrado.

Con la sentenza 417 del 1996, la Corte ha ribadito la legittimità «di un intervento legislativo che, per inderogabili esigenze di contenimento della spesa pubblica, riduca in maniera definitiva un trattamento pensionistico in precedenza previsto». Non solo. La pronuncia 24 del 2009, insisteva: «L’intervento legislativo diretto a regolare situazioni pregresse è legittimo a condizione che vengano rispettati i canoni costituzionali di ragionevolezza e i principi generali di tutela del legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche».

Perché di retroattivamente illegittima per definizione c’è soltanto la norma penale.

Forse è arrivato il momento di passare dalle proteste alle iniziative. Una norma nazionale, semplice ma ben congegnata, scritta in modo ineccepibile e presentata in forma inattaccabile, che resista agli assalti dei Tar e faccia giustizia dei privilegi. Acquisiti.