«Credo che oggi ricominci un percorso avviato anni fa con Renato Soru. So bene che a sinistra molti sono scettici e anche maledettamente disillusi, ma stavolta era obbligatorio avere fiducia in un cambiamento». Flavio Soriga, 39 anni, scrittore, ha sostenuto con entusiasmo la candidatura di Francesco Pigliaru a governatore della Sardegna. «Un ’soriano’ della prima ora, che faceva parte di un gruppo che ha fatto rinascere in Sardegna una forte speranza legata a due temi: salvare l’ambiente e un forte investimento sulla cultura. Oggi si ricomincia da qui».

Il Pd vince, ma spicca l’ottima prestazione di Sel.

Sì perché in Sardegna è forte. E il sindaco di Cagliari Massimo Zedda rimane una figura sulla quale c’è ancora molta speranza.

Pigliaru ha fatto una campagna elettorale molto attenta a tutto ciò che c’è a sinistra del Pd, come a sottolineare che, almeno in Sardegna, le larghe intese non funzionano.

Se vogliamo possiamo metterla così: dire cose di sinistra paga, quando sono dette con convinzione. Soru le aveva anche messe in pratica, perché ha puntato tutto su sanità pubblica, scuola pubblica, difesa dell’ambiente, tutti temi molto importanti per la sinistra.

Dalla Sardegna può venire un segnale anche per Matteo Renzi?

Guardi io spero che le larghe intese siano un’eccezione. Gli elettori del Pd sono molto pazienti, quindi le sopportano, ma se potessero scegliere credo che nessuno le vorrebbe. Poi ognuno ha la sua idea di quanto siano davvero necessarie e quanto funzionali a una classe dirigente, però non credo che nella base del Pd ci sia una larga fetta contenta che governiamo con Brunetta.

Come valuta il risultato di Michela Murgia?

È stata molto brava a suscitare entusiasmo e a fare politica come si è sempre fatta e come va fatta, cioè girando nei paesi, parlando con la gente, e questa è una cosa molto bella. Ha avuto il coraggio di mettere in gioco anche un patrimonio di simpatia e di notorietà dovuto al suo lavoro. Forse non si è capito bene quanto è di sinistra, probabilmente per la presenza in lista dell’indipendentismo.

L’astensione è cresciuta: un sardo su due non ha votato.

Questo è duro. Sarà un lungo cammino della Sardegna e del nostro paese per tornare a credere che la democrazia cambi le cose. Oggi ha prevalso ancora la sfiducia.