Raffinato nella scelta dei suoni, interprete puro dalle enormi capacità – sale di ottave con una facilità disarmante – Diodato è il talento italiano più maturo – e meriterebbe maggiore attenzione – emerso nel corso della ultime stagioni. Da pochi giorni è arrivato Cosa siamo diventati (Carosello) il suo terzo album, secondo di inediti dopo l’esperienza di A ritrovar Bellezza del 2014, personale tributo dell’artista pugliese ai grandi della musica italiana. Un disco denso di umori che nelle intenzioni dell’autore vuole essere una fotografia nitida del suo «vissuto musicale».

Dodici brani in scaletta, registrati in vere e proprie session live insieme alla ’solita’ e solida band che lo accompagna da tempo: Daniele Fiaschi (chitarre), Duilio Galioto (piano, organi e synth), Alessandro Pizzonia (batteria) e Danilo Biagioni (basso), a cui si sono aggiunti Fabio Rondanini (ex Calibro 35) degli Afterhours e il GnuQuartet che ha registrato archi e flauti per tre brani.

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Prodotto da Daniele Tortora, è un album inciso in quella che un tempo era la casa di Renzo Arbore: «È stato rigenerante perché quando stai registrando ci sono inevitabili momenti di stanchezza; finché non trovi il take giusto, finché non percepisci la giusta tensione continui a lavorarci. Devo dire che vivere per un po’ di tempo in una sorta di museo del mondo dello spettacolo è stato rigenerante. Avere fra le altre cose 20 mila vinili intorno, ti fa sentire meno strano e disadattato di quanto di solito sei abituato a sentirti…». Mi si scioglie in bocca, il pezzo che ha lanciato l’album, è storia di passione e di dubbi decisamente carnale ’l’ho dato al vento cosa gli ho detto di te, perché ho temuto quel fuoco potesse ridurmi in cenere’, recita il testo: «Sono liriche che nascono da eventi che altrimenti diventerebbero mero esercizio di stile. Invece la canzone nasce da un episodio reale, da quella sensazione che non ti permette di parlare, di muovere le labbra appunto. Molto spesso quando scrivo vengo come folgorato da immagini o da frasi, che cerchi poi di mettere in musica e in un testo. Volevo essere sincero e che accanto a un lavoro sulla metrica preciso, si percepisse autenticità, emozione: parole che riuscissero ad evocare sensazioni ben precise».

Cosa siamo diventati sembra riflettere l’esperienza di Ascoltar bellezza con i capolavori della musica italiana dei ’60: «È stata una esperienza importante, che ha inevitabilmente influenzato le mie nuove canzoni. Quelle canzoni avevano infatti una leggerezza profonda. Dove leggerezza non significa superficialità, dietro quei testi c’erano quelli che definisco i poeti dell’epoca».

Diodato è anche direttore artistico del concerto del primo maggio di Taranto, insieme a Michele Riondino e Roy Paci: «Ho accettato l’incarico non solo per la mia città, ma per l’Italia. Taranto è lo specchio di ciò che accade nel nostro paese. L’Ilva, il disastro ambientale e umano, io sono dell’idea che se non riusciamo a mettere a norma quegli stabilimenti, devono essere chiusi. Certo, poi bisogna riflettere sui drammi che genera la situazione: pensate a un operaio dell’Ilva, deve mantenere la sua famiglia ma è consapevole anche del male che genera . Nel corso della manifestazione del 1 maggio si dà spazio all’Ilva e ai disagi di questo paese, a tutti quelle associazioni che lottano per i diritti umani. Per riappropriarsi della propria dignità».