Diodato e Roy Paci sul palco sono energia pura. Adesso è un brano trascinante con sonorità potenti e fluide che, a ogni ascolto, catturano di più lo spettatore-ascoltatore di un Sanremo che improvvisamente si è risvegliato alla musica. In primis, la qualità della parola. Ora, sarebbe veramente un’operazione interessante se l’importanza della parola assumesse finalmente una posizione centrale. Che si tratti di canzoni piuttosto che di discorsi politici piuttosto che intesa come mestiere della parola. Ebbene, con questo non possiamo sostenere che tutte le canzoni siano di grandissima qualità, però l’intento pare essere quello. Questo è il messaggio.

Invece, il messaggio che rischia di passare riguardo il brano del duo bomba di Sanremo è che si tratti della solita, stanca e stanchevole critica ai social e alla tecnologia che imperversa nelle nostre vite. Non è così, ovviamente. Diodato è autore troppo sensibile e intelligente per banalizzare con facilità i punti cardine dei nostri tempi: «Una sera stavo tornando a casa con la testa china sul cellulare e avevo un senso diffuso di stanchezza, di quando devi ancora rispondere a mail e messaggi. Stavo infilando la chiave nella porta quando ho alzato lo sguardo e di fronte avevo questa luna gigante… mi è venuta la prima frase del pezzo ’dici che torneremo a guardare il cielo alzeremo la testa dai cellulari fino a che gli occhi riusciranno a guardare e vedere quanto una luna ti può bastare’. È nato tutto da lì». Si è chiuso in casa, ormai ha capito quando sta per venire fuori qualcosa, e ha iniziato a comporre. Prima il testo, poi la musica al computer. Quando è arrivato alla sezione fiati ha pensato che fosse meglio chiamare Roy per fare le cose per bene. Non è la prima volta che lavorano insieme, quattro anni fa Paci sosteneva Diodato tra i giovani del festival con la sua casa discografica.

Dice Roy «questo pezzo è potente perché rappresenta l’unione di due personalità, le nostre, che si vogliono un bene dell’anima ma che sono completamente diverse. Come lo yin e lo yang. Ci compenetriamo. Non mi piacciono le etichette, ciò che mi interessa sono le connessioni, con Antonio andiamo sempre ad esplorare dei percorsi che possono nascere solo dalla nostra collaborazione». Adesso è un brano liberatorio, in cui si intravede la ricerca di una leggerezza anche rispetto a ciò che si ama disperatamente fare e che in qualche modo poi rischia di ingabbiarci, se non individuiamo il modo migliore per viverlo «il senso della canzone è positivo, non attacca niente tanto meno i social. È il nostro atteggiamento a fare la differenza. Viviamo sempre proiettati in un altrove, in un non luogo in cui sono proprio i nostri sogni a portarci».

Paci è la colonna portante del duo, con la sua tromba magica sostiene la scena e il suo compagno «non sono venuto qui a fare l’assolo! Mi piace l’idea di fare un po’ da pilastro ad Antonio. Ho immaginato che avesse bisogno di uno che stesse sotto rete e che con forza gli alzasse la palla, una palla medica e pesante, per permettergli di schiacciare sotto rete».
Roy Paci e Diodato non pubbilcheranno, per ora, un nuovo album, ma solo un vinile con il pezzo in gara.