Ripartiamo dalla fine: tutti in piedi all’Arena intitolata a Puskás, in una nuvola di parole che non è disegnata dall’architetto Fuksas (italiano e sinceramente democratico) ma dall’orgoglio nazionalista forgiato dal capobranco che poi è anche il premier del Paese, Viktor Orbán. Tutti in piedi, perché Ungheria-Francia è appena finita 1-1 e come dice bene il telecronista di Sky Sport la Francia campione del mondo è stata «fermata sul pareggio, Davide contro Golia», solo che questo giusto paragone neppure piacerà troppo a quelli dell’orbanismo. E nella solitudine dei 61.000 dentro uno stadio esaurito e smascherato, per editto del capobranco e alla faccia del «coviddì», squadra e panchina si schierano davanti alla curva dove sventola la bandiera ungherese ed esplodono magliette nere troppo strette su troppe pance.

TUTTI INSIEME: «Dio, benedici gli ungheresi…», un himnusz che risale al 1823, parole di Ferenc Kölcsey e musica composta 21 anni dopo da Ferenc Erkel (nome davvero diffuso, come confermerà un secolo dopo il «nostro» Ferenc Puskàs, eroico attaccante nazionale). La storia racconta che si tratta di uno dei primissimi inni religiosi del mondo e sono quasi due secoli che tutti cantano quelle parole, che nessun governo o regime abbia avuto nulla da eccepire, invasori ovviamente esclusi. «Dio, benedici gli ungheresi…», ma in realtà ieri qualcuno ha buttato un occhio ai francesi, perché i campioni del mondo alla fine del primo tempo le stavano buscando, visto che nel secondo minuto Attila (sì Attila) Fiola, professione difensore, portava in vantaggio tutta l’Ungheria che per un istante si sentiva sinceramente campione del mondo, visto che erano i veri campioni del mondo a buscarle. E appena rientrati in campo gli ungheresi diventavano pienamente coscienti della loro presunta superiorità, tanto da giocare bene, molto, meglio dei francesi. Così, come succede nel calcio e nella vita, beccavano in una specie di contropiede il gol dell’1-1, al minuto 66, da Antoine Griezmann, attaccante della Francia e del Barcellona. Finisce 1-1, ma l’Ungheria ci crede, anche se all’esordio ne aveva beccati tre dal Portogallo campione d’Europa, resistendo (va detto) fino a sei minuti dal novantesimo. Ieri pomeriggio si è giocata anche Portogallo-Germania, è finita 2-4 con ribaltone tedesco.

NEL«GIRONE di ferro», il più duro, nulla sembra deciso. La classifica racconta: Francia 4 punti, Germania e Portogallo 3, Ungheria 1. Si decide tutto mercoledì. Germania-Ungheria si gioca in Baviera, all’Arena di Monaco, probabilmente lo stadio più bello del mondo. È una meraviglia, sempre illuminato nelle notti delle partite. Ah, per mercoledì il consiglio comunale di Monaco ha chiesto che venga illuminato con i colori dell’arcobaleno «come segno visibile di solidarietà con la comunità LGBTI in Ungheria, che soffre la legislazione omofoba di Orbán». Che Dio, tanto che c’è, salvi anche i bavaresi.