Se si sfoglia la raccolta dei pezzi giornalistici di Dino Buzzati, si avverte subito il clima del dopoguerra quando, superata la rimozione del regime che pretendeva di cancellare la cronaca nera, torna a rifluire il magma incandescente della vita, l’amore, l’odio, la gelosia, il delitto. Dopo anni di gavetta, in cui è vissuto negli uffici del “Corriere della Sera” di via Solferino come Giovanni Drogo nella Fortezza Bastiani del “Deserto dei Tartari”, Buzzati esce per le vie di Milano, va sul posto col suo taccuino pronto a cogliere i soprassalti della realtà che anche altre, celebri penne – Arrigo Benedetti, Camilla Cederna, Tommaso Besozzi, Giancarlo Fusco – inseguono con il tenace accanimento del nuovo giornalismo nato tra le macerie e le contraddizioni di una società in cui sembra tutto possibile.

Nel grosso volume, a cura di Lorenzo Viganò, la prima scena del crimine è quella di via San Gregorio 40 del 29 settembre 1946, in cui Rina Fort, la friulana trentenne che, approfittando dell’assenza dell’amante, sale nel suo appartamento, dove a colpi di spranga massacra per gelosia la moglie e i tre figli. Inconfondibile l’inizio del reportage: “Una specie di demonio si aggira dunque per la città, invisibile, e sta forse preparandosi a nuovo sangue”. A Cernobbio, in provincia di Como, dopo la mezzanotte del 15 settembre 1948 nel salone delle feste del Grand Hotel Villa d’Este la presentazione della collezione di moda della stilista milanese Biki è appena finita.

La trentaduenne Maria Pia Caroselli Bellentani di Sulmona, proprietaria assieme al marito di una fabbrica di insaccati, spara, uccidendolo, all’ex amante Carlo Sacchi, un industriale tessile di quarantacinque anni. Quando rivolge l’arma contro se stessa, la pistola s’inceppa e viene disarmata. La contessa non ha perdonato l’amante di averla scaricata per un’altra donna. Il dramma di Villa d’Este, con il suo retroterra di nobiltà e nuova ricchezza, è uno dei casi più discussi del dopoguerra, su cui i rotocalchi verseranno fiumi d’inchiostro, animando il prevedibile match tra colpevolisti e innocentisti.

La galleria di orrori prosegue con Giuseppe Molinari di Busto Arsizio che spara all’impazzata nel panificio del paese, i fratelli Santato di Terrazzano che tengono in ostaggio l’intera scuola elementare, l’ingegner Dalla Verde che confessa a Mario Nardone, il capo della Squadra Mobile di Milano, di avere ucciso nei pressi dell’Idroscalo la prostituta Paola Del Bono. Negli anni Sessanta suscita grande clamore il processo del geometra Giovanni Fenaroli con l’omicidio della moglie commissionato all’elettrotecnico Raul Ghiani e le dichiarazioni a sorpresa del supertestimone Egidio Sacchi, che scapperà in Argentina. La clamorosa rapina di via Montenapoleone, in cui tre banditi mascherati entrano sparando nella gioielleria di Enzo Colombo e razziano in pochi minuti gioielli e preziosi per un valore di duecento milioni, inaugura un nuovo capitolo della storia criminale di Milano.

Nel giro delle frenetiche indagini, il cerchio si chiude intorno al gruppo di malavitosi francesi coinvolti nella rapina. I brillanti resoconti del processo, in cui i ritratti dei colpevoli si alternano alle reazioni del pubblico, confermano che la città è a una svolta, un crogiuolo in ebollizione in cui può succedere di tutto. Su insistenza di Franco Di Bella, capocronaca del “Corriere della Sera”, Dino Buzzati accetta di vivere in diretta a fianco degli agenti di polizia la Milano di notte, assediata dalla nuova mala, e di raccontare ai lettori la sua incursione alle frontiere segrete della città.

Lo scenario diventa sempre più inquietante con le imprese della banda Cavallero, la tempestosa rivolta di San Vittore, la drammatica strage di Piazza Fontana. Ai “Crimini e misteri” seguono nella seconda parte gli “Incubi”, dove sfilano in un clamoroso crescendo di orrori la tragedia di Albenga, la sciagura di Superga, l’ultimo viaggio della São Paolo, l’alluvione del Polesine, l’affondamento dell’Andrea Doria, il dramma di Marcinelle, la catastrofe ferroviaria di Monza, l’incidente della funivia del Monte Bianco, il disastro del Vajont. Se è lui a rievocarli, non c’è differenza tra gli efferati delitti da prima pagina e le tragedie collettive più sconvolgenti perché diventano subito racconti in grado di coinvolgere il lettore, di fargli sentire sulla pelle il carattere disturbante dell’accaduto, mentre incombono le segrete angosce del mondo (pp. 590, euro 30,00).