Piovono grane per le amministrazioni di Lazio e di Roma, le cui sorti per diversi motivi (non tutti dipendenti dai protagonisti della vicenda) risultano incrociate più che mai.

INNANZITUTTO IL LAZIO, che ha ritrovato il suo presidente a tempo pieno in Nicola Zingaretti ma registra le dimissioni del presidente del consiglio Marco Buschini, anch’esso esponente del Pd. Il passo indietro arriva dopo che da un bando per dipendenti pubblici del comune di Allumiere, meno di quattromila abitanti a nordovest di Roma, il consiglio regionale e il comune di Guidonia avevano proceduto ad alcune assunzioni: nella maggior parte dei casi collaboratori e quadri locali del Pd. Per Buschini, «la procedura è stata regolare e ha permesso di integrare le risorse umane con personale esperto e preparato». Motiva le dimissioni con l’esigenza di «nominare in piena autonomia i membri della Commissione trasparenza che farà luce sulla vicenda». Fratelli d’Italia, che ha denunciato il tutto, chiede le dimissioni di tutto l’Ufficio di presidenza del consiglio regionale mentre i 5 Stelle, che in Regione da appena un mese sono entrati in giunta con il Pd, stanno alla finestra e non cavalcano il caso battezzato minacciosamente «Concorsopoli».

DALLA VICENDA potrebbe trarre giovamento Virginia Raggi, al momento unica candidata in corsa per Roma, la capitale in cui vive il 70% degli abitanti del Lazio. Secondo i rilevamenti che circolano tra i partiti, in effetti, la sindaca sarebbe in forte recupero di consensi. Soprattutto nelle zone al di fuori delle mura storiche che l’hanno incoronata nel 2016. Di recente, Raggi ha annunciato l’ultima iniziativa destinata alle periferie e considerata dai detrattori l’ennesima trovata mediatica della delegata al settore Federica Angeli: un bus musicale farà incursione in quelle che vengono considerate piazze di spaccio con stornelli romaneschi.

SONO SONDAGGI che vanno presi col beneficio d’inventario, visto che la sindaca viene testata in mancanza di oppositori ufficialmente in corsa, ma rivelano le difficoltà di chi si oppone all’amministrazione M5S in Campidoglio e raccontano la possibilità che nel vuoto dell’iniziativa politica Raggi posa ancora presentarsi come l’outsider che raccoglie la voce dei margini della capitale. Va detto che la sua amministrazione non gode di ottima salute, visto che sulla carta si trova già senza maggioranza. Giusto due giorni fa è andata sotto su una mozione che chiedeva di rimandare l’attivazione dei varchi della Ztl attivi soprattutto nel centro storico. «In mancanza di ottemperanza» al testo, attacca il presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, verrà presentata la mozione di sfiducia per l’assessore ai trasporti Pietro Calabrese, fedelissimo della sindaca e beneficiario di uno dei tanti rimpasti di giunta della storia di questa amministrazione. De Vito annuncia di aver scritto al prefetto per «invocare la pronta applicazione della mozione a tutela del commercio e della salute dei cittadini romani». «L’Assemblea è l’organo degli eletti romani, non un generico insieme di pigiabottone deputati ad accettare pedissequamente le scelte dell’esecutivo», attacca il presidente che è stato messo alla porta dal M5S dopo essere stato arrestato per corruzione insieme a Luca Lanzalone e che evidentemente attendeva il momento per tornare in prima linea.

«LA SINDACA non solo non ha più una vera maggioranza in Campidoglio. Adesso viola anche le votazioni in aula», si accoda il Partito democratico ancora alla ricerca di un candidato. Il nuovo segretario ha riallacciato il dialogo con Carlo Calenda e l’ex ministro Roberto Gualtieri si trova in stand-by. Gli interessati smentiscono, ma la voce di una discesa in campo di Nicola Zingaretti non smette di circolare.