Anche i giornali e gli editorialisti generalmente ostili al Partido dos Trabalhadores devono ammetterlo: forse non sarà la «Copa das Copas» di cui parla la presidente Dilma Rousseff tutti i giorni, ma la ventesima edizione dei Campionati del Mondo Fifa iniziata giovedì scorso sta procedendo senza troppi intoppi. Dentro il campo, con 44 gol nelle prime 14 partite. Una media di 3,14 a incontro che è la migliore da quando, con Francia ’98, le nazionali partecipanti sono diventate 32. Il Brasile ha vinto, la Spagna ha perso. I craques che i tifosi e gli sponsor aspettavano si sono distinti sin dal primo giro: Neymar nel giorno dell’inaugurazione, Robben e Van Persie l’indomani, poi Pirlo e domenica scorsa Benzema e Messi.

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Fuori dal campo i vari governi locali delle dodici città sede sono riusciti a mettere una pezza ovunque ce ne fosse bisogno. La pur brutta tribuna provvisoria dell’Arena Corinthians di São Paulo che impatta la vista dei 4.000 sfollati della vicina occupazione abitativa Copa do Povo ha comunque consentito agli 8.000 tifosi a rischio di vedere la partita. Gli allagamenti di Natal, dove il 24 si giocherà Italia-Uruguay, hanno costretto 400 famiglie a lasciare di corsa le proprie case e a rifugiarsi nei locali di una scuola, ma il terreno di gioco di Usa-Ghana (2-1) ha retto bene.

 

Al Maracana la scala di legno che portava dalla passerella della metro all’ingresso dello stadio ha cominciato a barcollare poco prima dell’inizio della partita (Argentina-Bosnia 2-1), spaventando migliaia di argentini. È stata rinforzata. Dentro l’impianto, il cibo e le bibite sono finiti in 20 minuti: «Se l’Albiceleste tornerà qui per la finale voglio poter morire d’emozione, non di fame», dice una tifosa. La Fifa provvederà. Non tutto funziona alla tedesca, ma certo non è il disastro organizzativo che si temeva e per il quale i nemici di Dilma tifavano.

Questo consente alla presidente di tirare dritto nella sua nuova linea politica dell’orgoglio che serve ad arginare la presunta rimonta dei suoi avversari nella corsa alle elezioni presidenziali del 5 ottobre. Dopo aver annunciato «la sconfitta dei pessimisti» e aver assicurato la sua base che non si sarebbe fatta «intimidire dai pochi fischi» di giovedì scorso, lunedì Dilma è tornata a elogiare il comportamento dei suoi concittadini, promuovendo su twitter la storia dei due tassisti che hanno restituito i carissimi e ricercatissimi biglietti della coppa ai legittimi proprietari. A quelli cui «piacciono le comparazioni», cioè per il rivale Aecio Neves del Partido da Social Democracia Brasileira (Psdb) e i suoi sodali, che le rinfacciano l’inflazione galoppante cui il compagno di partito Fernando Henrique Cardoso aveva «posto rimedio negli anni 90», la presidente sbatte in faccia la tabella della miseria: 28 milioni di poverissimi nel 2000, 700.000 oggi.

Secondo l’ex presidente Lula la linea dell’orgoglio doveva essere adottata sin dall’anno scorso, quando gli uomini della comunicazione avevano invece scelto di blandire i partecipanti alle gigantesche proteste di giugno – milioni di manifestanti, oggi quasi tutti scomparsi.

L’ultimo sondaggio della Folha de Sao Paulo dà il Partido dos Trabalhadores in calo, dal 37% al 34%, ma rivela che gli avversari diretti, a destra il Partido da Social Democracia Brasileira di Neves (19%) e a sinistra il Partido Socialista Brasileiro (Psb) dell’ex petista Eduardo Campos (7%), non avanzano. Hanno provato, i due candidati, soprattutto il primo, a sfruttare la contestazione subita da Dilma giovedì scorso a São Paulo, ma si sono scontrati con la sorprendente epidermica reazione dei commentatori brasiliani mainstream, la tv O Globo in testa, che hanno definito gli insulti «ignobili e repellenti» in quanto rivolti, prima ancora che alla presidente del Brasile, a «una madre» e «una nonna».

A Neves non rimane che attaccare, stavolta in ricca compagnia, il decreto 8.243 con il quale il Pt intende rafforzare il ruolo dei movimenti e dei consigli popolari nelle deliberazioni della politica nazionale. Una legge pensata per rispondere alle proteste di giugno e per sbrogliare l’impasse di un governo composito. Per l’opposizione è «un attentato alla rappresentatività delle camere». Che nel frattempo sono paralizzate, svuotate dalla passione dei parlamentari per le partite della Coppa del mondo. Ieri al senato non si è raggiunto il quorum richiesto per aprire la sessione: servivano quattro senatori.