Il Brasile nella bufera. La procedura di impeachment nei confronti della presidente Dilma Rousseff sta andando avanti e lo scontro istituzionale si trasferisce nelle piazze. I manifestanti continuano ad affluire nella capitale, pronti a intervenire contro «il golpe istituzionale» delle destre, decise a farla finita con il governo del Partito dei lavoratori (Pt). Studenti, lavoratori e difensori dei diritti umani, riuniti nel Frente Brasil Popular (Fbp) da ieri hanno piantato le tende e dato luogo al Campamento Nacional en Defensa de la Democracia. Domenica, oltre 100.000 persone si mobiliteranno a ritmo di funk nella spiaggia di Copacabana, convocati dall’organizzazione Huracan 2000, che usa il ritmo musicale come forma di lotta contro la violenza nelle favelas brasiliane.

Lunedì, la Commissione speciale creata dalla Camera dei deputati per analizzare la richiesta di impeachment, ha dato il via libera al processo per 38 voti a favore contro 27. La presidente ha definito «eroi della democrazia» quelli che hanno fatto opposizione al provvedimento: «Sono 27 eroi della democrazia, di undici diversi partiti, quelli che hanno avuto il coraggio di rigettare un processo che si è trasformato nello strumento di una frode», ha scritto in twitter rilevando che i 27 rappresentano comunque il 41,5% dei votanti della Commissione.

Un «buon segnale» per il Parlamento che, da venerdì a domenica prossima discuterà se mandare avanti il processo o archiviarlo. Perché la procedura contro Dilma avanzi, occorre che venga votata dal 67 % dei deputati: 342 su 513. Rousseff ha sempre negato di aver commesso il «crimine di responsabilità» di cui viene accusata per aver contrattato illegalmente crediti aggiuntivi con la banca pubblica alfine di finanziare i piani di governo senza far comparire il buco nel bilancio. Una pratica consueta in tutti i governi, ma usata a pretesto dalle destre per sbilanciare i fragili equilibri parlamentari esistenti dopo la vittoria per scarso margine con cui Rousseff ha ottenuto il suo secondo mandato.

Se il Parlamento brasiliano conferma, con maggioranza qualificata l’impeachment, la decisione passa al Senato, i cui membri (81) decideranno a maggioranza semplice se dar corso al giudizio politico. La presidente verrà allora sospesa dall’incarico per un periodo di 180 giorni, in attesa della supervisione del Tribunale supremo. La sostituirebbe il vice Michel Temer, anch’egli inquisito per lo stesso tipo di reato. Sia Temer che il presidente della Camera, Eduardo Cunha, appartengono al Partito del movimento democratico (Pmdb), il principale partito della coalizione governativa, che ha recentemente ritirato il suo appoggio al Pt. Il Pmdb è una formazione che ha sempre determinato gli equilibri istituzionali e che è pesantemente coinvolta nel sistema di corruzione evidenziato dalla tangengopoli brasiliana (Lava Jato). Cunha, che ha messo in moto la denuncia contro Rousseff e che ne ha pronte altre 9, è sotto processo per corruzione.

Lunedì è stata diffusa per errore la registrazione di un discorso di Temer nel quale appaiono chiari i piani per assumere la presidenza e per imporre gli aggiustamenti neoliberisti richiesti dai poteri forti. Anche il Partito Progressista (Pp) ha detto che la maggioranza dei suoi 47 deputati voterà contro Dilma. E mentre i presidenti socialisti dell’America latina hanno dato appoggioa Rousseff, il direttore della Central Unica de Trabajadores (Cut), Julio Turra, ha accusato gli Usa di essere gli ispiratori di un «golpe istituzionale», simile a quello che ha deposto Zelaya e Lugo, in Honduras e in Paraguay. Obama ha dichiarato di confidare nelle istituzioni brasiliani per una soluzione della crisi.
La Unasur ha invece espresso viva preoccupazione per gli attacchi contro Rousseff. Intanto, le sinistre latinoamericane si mobilitano a difesa di Dilma e di Lula da Silva, il candidato alle prossime presidenziali del 2018 che la presidente ha nominato capo di gabinetto e che le destre vorrebbero mandare in galera per l’inchiesta sulle tangenti della petrolifera Petrobras. E sono in molti a denunciare l’uso politico della magistratura amplificato dai grandi media.