Domani termina la campagna elettorale in Brasile in vista delle presidenziali del 5 ottobre: niente più dibattiti per i candidati, né divulgazione dei risultati delle inchieste. Poi toccherà ai 142 milioni di aventi diritto stabilire chi sarà il prossimo presidente: più probabilmente la presidente. L’attuale capo di stato, Dilma Rousseff, che corre per il Partido dei lavoratori (Pt) deve vedersela con gli altri due candidati principali, Marina Silva, salita sul carro del Partito socialista del Brasile (Psb) e Aecio Neves, del Partito della socialdemocrazia brasiliana (Psdb). In lista anche Everaldo Pereira, del Partito socialcristiano (PSC); Luciana Genro, del Partito socialismo e libertà (Sol); Jorge Eduardo, del Partito Verde (Pv), e Levy Fidelix, del Partito Rinnovatore del lavoro brasiliano (Prtb).

Secondo l’ultima inchiesta dell’istituto Datafolha, Rousseff ha notevolmente recuperato nei sondaggi sulla sua più diretta rivale, e otterrebbe il 40% dei volti al primo turno: 13 punti percentuali in più che nel precedente sondaggio del 17-18 settembre. Silva arriverebbe al 27% e Neves al 18%. Se nessuno dei candidati ottiene più del 50%, si torna alle urne il 26 ottobre. In questo caso, secondo le ultime proiezioni, Dilma otterrebbe il 47% contro il 43% di Silva.

Il margine di errore per questo tipo di inchiesta è valutato a due punti percentuali in più o in meno. Datafolha ha intervistato 11.464 aventi diritto in 402 comuni del Brasile. L’indagine ha anche attribuito la vittoria del governatore Geraldo Alckmin, del Psdb, nel principale stato del paese, San Paolo, al primo turno. L’ex ministro Fernando Pimentel, del Pt, potrebbe invece essere eletto governatore nel secondo collegio elettorale più importante.

Gli aspiranti alla presidenza si sono presentati al paese per un quarto dibattito pubblico in televisione, domenica scorsa. Rousseff ha accusato la sua più diretta rivale di «incoerenza» per via delle giravolte compiute negli anni e quelle sui punti principali del programma: «Lei ha cambiato partito e opinione quattro volte su problemi fondamentali per il paese come quello del matrimonio tra persone dello stesso sesso», ha detto. Nel 2008, Silva ha abbandonato il Pt per unirsi al Partito verde. Nel 2010, ha abbandonato il Pt per fondare un nuovo movimento politico e arrivare alla presidenza. Non essendovi riuscita, ha optato per il Psb. «Ho cambiato partito per non cambiare ideali né principi», ha ribattuto Silva, promettendo di mantenere i piani sociali messi in campo dal governo Lula e poi Rousseff, e di dedicare il 10% del Pil alla salute e all’educazione.

Uno dei temi centrali nel programma sostenuto da Silva, l’indipendenza della Banca centrale, indica però chi avrebbe l’ultima parola decisiva sulle politiche economiche del governo: i mercati finanziari e le grandi banche.
In gioco, c’è l’indirizzo politico che prenderà il Brasile, sia sul piano interno che internazionale. Nonostante il moderatismo e gli errori del Pt, fortemente contestato dai movimenti sociali durante la preparazione dei mondiali, 30 milioni di persone sono uscite dalla povertà. E ora chiedono di non tornare indietro. Silva conta di ottenere i propri voti anche all’interno della classe media emergente, che chiede un ulteriore accesso ai consumi. L’arco dei poteri forti che sostiene Silva assicura peraltro che la loro candidata sposterà la barra del timone soprattutto a livello internazionale: in senso inverso a quello enunciato da Rousseff nelle riunioni dei Brics e in quelle degli organismi internazionali più orientati verso il socialismo del XXI secolo di Maduro e Morales.

Un giro per voltare le spalle al sud e tornare nell’orbita Usa. Un arretramento per sostituire un modello di crescita basato su una relativa ridistribuzione delle risorse con un altro basato sull’austerità, il ridimensionamento del ruolo dello stato e il rafforzamento della centralità del mercato.

E ieri, uno squilibrato ha preso in ostaggio l’impiegato di un hotel annunciando un attentato e chiedendo l’estradizione di Cesare Battisti, e ha tenuto il paese col fiato sospeso.