«Non mi dimetto». Punta i piedi e va avanti, la presidente del Brasile Dilma Rousseff, nonostante le forti pressioni delle destre per arrivare all’impeachement o alle sue dimissioni. Alla Camera, il fronte che vuole la sua testa sta raccogliendo le firme sul sito www.proimpeachment. Finora, su 21 richieste di impeachment presentate al Congresso durante la sua presidenza, 9 sono stati archiviati e ne restano in piedi 12.

L’opposizione accusa la presidente di essere coinvolta nel grande scandalo per corruzione che interessa la petrolifera di Stato Petrobras. E amplifica i dati della sua popolarità, giunta ai minimi storici (il 7%). La sua squadra di governo ha presentato al Congresso il bilancio per il prossimo anno, che prevede un deficit fiscale di 7.900 milioni di dollari per il 2016: lo 0,5% del Pil. Il livello del debito, a luglio è salito al 65%, a fronte di un 51% registrato alla fine del 2011. Secondo gli indicatori economici, quest’anno il Pil si contrarrà dell’1,49%. E i mercati premono, attraverso i loro attori, per chiudere la parentesi progressista e imporre governanti più graditi. Ma anche i movimenti popolari spingono affinché Rousseff tenga fede alle promesse elettorali