Dilma vince, ma non contro Marina. A sfidarla al secondo turno, il prossimo 26 ottobre, sarà Aecio Neves, del Partito socialdemocratico (Psdb), che ha ottenuto il 33,56% dei voti contro il 21,09% di Silva, candidata del Partito socialista brasiliano (Psb). L’attuale presidente, del Partito dei lavoratori (Pt), ha totalizzato il 41,58% delle preferenze. La terza candidata donna alla presidenza, Luciana Genro, del Partito socialismo e libertà (Psol), che ha proposto un programma più decisamente di sinistra, ha preso solo l’1,55%.

Si apre ora la caccia ai voti di Silva, determinanti per decidere chi governerà il paese per il periodo 2015-2019. La candidata del Psb, subentrata a rappresentarlo dopo l’improvvisa morte di Eduardo Campos che l’avrebbe proposta per la vicepresidenza, ha già lasciato intendere il suo orientamento: «Il Brasile ha votato per il cambiamento e contro quello che c’è stato fin’ora», ha detto dopo aver appreso i risultati. Silva non ha tuttavia epresso una preferenza esplicita, rimandando la decisione alla discussione che dovrà tenere con gli altri partiti alleati. Dato l’arco di forze che ha sostenuto Silva e il suo programma ben più a destra di quello di Rousseff, difficile immaginare che il grosso dei suoi voti venga dirottato sull’attuale presidente.

Resta però quella parte di elettori (un terzo, secondo i sondaggi) che l’ha votata per i suoi antichi trascorsi ambientalisti, per le sue umili origini e come voto di protesta contro il Pt. Silva ha infatti cercato di cavalcare i movimenti di protesta contro i mondiali, scoppiati a giugno del 2013. Ma dopo l’impennata nei sondaggi che sembravano addirittura spalancarle la porta principale verso la presidenza, il Pt ha serrato le fila e rivisto la strategia comunicativa di Dilma. L’ex presidente Lula è sceso in campo con tutto il suo carisma, rendendo visibile la presidente con i movimenti sociali, con gli operai e con quella parte della contestazione che l’ha tirata per la giacca durante le proteste per chiederle più determinazione rispetto alle promesse non mantenute, e a cui è successivamente andata incontro.

«La lotta continua – ha detto Dilma dopo aver appreso i risultati – e sarà una lotta vittoriosa, perché è la lotta del popolo brasiliano e del popolo unito che mai sarà sconfitto», ha aggiunto richiamando la famosa strofa – «el pueblo unido jamas sera vencido» – della canzone legata la movimento cileno di Unidad Popular e alla presidenza di Allende. Poi ha ringraziato Lula «senza il quale – ha detto – non sarei arrivata fin qui né avrei potuto realizzare il sogno di un Brasile migliore». Ma subito ha lanciato un altro messaggio, ringraziando sì la coalizione che l’ha sostenuta, ma anche «altri partiti che ora non sono fra gli alleati», ma che lo sono stati nel passato.

Resta ora da vedere fino a quali compromessi dovrà arrivare Dilma per vincere, dati i soli 7 punti di distanza da Neves, i cui voti, sommati a quelli di Silva, le imporrebbero una sconfitta. In questa campagna elettorale determinante, le destre sono pesantemente scese in campo per dire che «i mercati» non credono che riuscirà a far bene per l’economia del paese, che crescerà appena dello 0,29%. Più Dilma risaliva nei sondaggi, più megafonavano la paura della Borsa di San Paolo nei titoli legati al petrolio, all’elettricità e alla banca. I banchieri hanno fatto una grande campagna contro la rielezione di Dilma.

Alla fine, la presidente ha dovuto promettere che sostituirà il ministro delle Finanze, Guido Mantega, in carica da 8 anni.«Dilma non cerca i voti del mercato come non li ho avuti io», ha detto Lula in campagna elettorale, ma anche la destra del Pt preme perché Rousseff dia segnali chiari di un’eventuale metamorfosi, soprattutto per quel che riguarda la politica d’integrazione latinoamericana. Neves è pronto a seguire la via imboccata in Messico da Peña Ñieto, che ha aperto la strada alle grandi imprese private nella petrolifera di stato.

Soprattutto, si chiede a Dilma di scongelare le relazioni con gli Stati uniti, rimaste tali dopo le rivelazioni sullo spionaggio Usa del Datagate. Aecio vuole modificare il trattato con il Mercosur per volgersi decisamente all’Alleanza del Pacifico, lasciando da parte le insopportabili fratellanze politiche tra Brasile, Argentina e Venezuela. Silva aveva detto chiaramente che se fosse stata eletta avrebbe negoziato un accordo commerciale con gli Usa.

La diplomazia brasiliana ha cercato di smussare il problema, e a luglio Dilma ha cercato di avvicinarsi ai «paesi dell’Alleanza», per surclassare il Messico che aspira ad esserne leader in America latina. Il ministro degli Esteri cileno Heraldo Muñoz ha fissato un incontro. Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha però giocato d’anticipo, convocando per la stessa data un vertice del Mercosur e dell’Alba.

Inoltre, data la cattiva prova del in diversi stati, il Pt ha ridotto la sua forza parlamentare, per cui sarà più subordinato all’alleanza col Partito del movimento democratico brasiliano (Pmdb), che ha sempre garantito lo status quo. Il Pt e i suoi alleati hanno ottenuto al primo turno 11 dei 27 governatori e va al ballottaggio in un’altra decina di stati. Hanno vinto tra l’altro ad Acre, Bahia, Piaui e soprattutto nello stato di Minas Gerais, feudo di Neves.

Nelle elezioni del 2010, il Pt e il Partito del movimento democratico brasiliano (Pmdb) hanno piazzato cinque governatori ciascuno. Il Psdb (di opposizione), otto. Domenica, il Pmdb, alleato del Pt ha ottenuto l’elezione di quattro governatori negli stati di Alagoas, Espiritu Santo, Seregipe e Tocantins. Il Partito comunista del Brasile, il Pdt e il Psd, altri alleati della coalizione guidata dal Pt hanno avuto un governatore ciascuno negli stati di Maranhao, Mato Grosso e Santa Caterina, rispettivamente.
Dodici stati eleggeranno il governatore al secondo turno, tra questi Rio de Janeiro, dove vanno al ballottaggio l’attuale governatore Luiz Fernando Pezao del Pmdb e Marcelo Crivella del Prb. Entrambi i partiti sopno alleati nella coalizione del Pt. Dal lato dell’opposizione, il Psdb ha ottenuto la rielezione di due governatori nello stato del Paranà e a Sao Paulo, lo stato più popoloso del paese e suo motore economico. È stato rieletto Geraldo Alckmin, che continua l’egemonia del Psdb, al governo dal 2007. Alckmin fu governatore di Sao Paulo tra il 2001 e il 2006. Nello stato di Sao Paulo Rousseff ha ottenuto il 25,82%, mentre Neves il 44,22%. Il sindaco di Sao Paulo, Fernando Haddad, è invece del Pt.
Il secondo candidato più votato è risultato El Payaso Tiririca (il Pagliaccio Tiririca), che già nel 2010 è risultato il deputato più votato del paese con il suo slogan: «peggio di così non potrà andare». Quando entrò in parlamento come candidato del Partito della repubblica (Pr) a Sao Paulo era analfabeta e ha dovuto imparare a scrivere il proprio nome prima di assumere l’incarico.

Eletto senatore anche l’ex calciatore Romario nello stato di Rio de Janeiro, con 4 milioni di voti, nelle fila del Psb di Marina Silva.