Dal ventiduesimo congresso di Magistratura democratica (Md), conclusosi domenica a Roma, la leadership della segretaria Mariarosaria Guglielmi esce rafforzata. La pm della procura capitolina si appresta a essere riconfermata alla guida delle toghe di sinistra dal nuovo consiglio nazionale, il direttivo della corrente.
Dottoressa Guglielmi, è soddisfatta dell’esito delle assise romane?
Il congresso è sempre un momento importante nella vita di un gruppo che vuole confrontarsi sul senso di un progetto e di un impegno collettivo. Un senso che, nella stagione del populismo trionfante, abbiamo ritrovato e riaffermato nella difesa dei diritti e delle garanzie e del progetto di Europa unita, fondata su solidarietà e pari dignità delle persone. Abbiamo voluto collocare la nostra riflessione al centro di quella più generale sulle dinamiche che oggi mettono a rischio questi valori, confrontandoci con molti esponenti della cultura, della società civile, dell’avvocatura e dell’accademia.
Quel famoso punto di vista esterno alla corporazione dei magistrati a cui tenete molto.
Sì, in quel genere di confronto si esprime da sempre il connotato genetico della sensibilità di Md e la specificità del nostro impegno associativo nella difesa dei valori costituzionali di riferimento della giurisdizione e della democrazia.
E però, forse anche in virtù di questo dialogo con associazioni, intellettuali e sindacato, vi si accusa di fare «opposizione politica» al governo M5S-Lega. Nei giorni del congresso è tornata l’accusa di essere fiancheggiatori del Pd. Come risponde?
Noi non abbiamo governi amici o nemici. Ne è testimonianza la posizione assunta in occasione del referendum costituzionale del 2016, con l’adesione ai comitati per il No. Tra le tante critiche che ci vengono rivolte, quella di coltivare opzioni politiche generali a favore o contro i governi o di una nostra diretta partecipazione allo scontro su strategie e tattiche politiche generali è da sempre quella più infondata.
Perché?
Md ha sempre rivendicato il diritto a una mobilitazione culturale sui temi delle libertà, dei diritti e delle garanzie. Il nostro impegno si colloca nello spazio che in una democrazia la Costituzione riconosce a tutti e a tutte le articolazioni della società civile. In questo spazio oggi noi vogliamo continuare a testimoniare la nostra consapevolezza delle difficili sfide che attendono la democrazia e la giurisdizione e ribadire il nostro impegno per la difesa di tutti i suoi valori. Non riteniamo che l’impegno associativo debba riguardare solo questioni interne alla magistratura.
A proposito di questioni interne alla magistratura, che indicazioni emergono dal congresso per recuperare il terreno che alle scorse elezioni del Csm avete perso in favore dei settori conservatori di Piercamillo Davigo e di Magistratura indipendente?
L’indicazione emersa con forza è quella di contribuire all’impegno che tutta la magistratura progressista attraverso il gruppo Area sta portando avanti dentro l’Associazione nazionale magistrati, senza guardare al consenso elettorale ma alla costruzione di una unità associativa fondata sulla piena consapevolezza del ruolo costituzionale della giurisdizione. Soprattutto in una fase come questa, segnata da politiche governative regressive sia in materia di diritti e garanzie, sia in materia di prerogative costituzionali della magistratura.
Se le posizioni di Davigo riscuotono consenso, però, a voi tocca fare autocritica.
In magistratura negli ultimi anni il consenso spesso è legato alla persona e la sua storia professionale più che al progetto di un gruppo. Anche per questo sarebbe stato importante per la magistratura progressista rimarcare con maggiore incisività la diversità di posizioni rispetto a quelle espresse pubblicamente da Davigo durante il suo anno di presidenza dell’Anm su garanzie, carcere e immigrazione. E sulla visione della magistratura come unica paladina della legalità interessata solo alla repressione.
A proposito di differenze con Davigo, voi difendete il garantismo insieme agli avvocati delle Camere penali, nonostante siano favorevoli alla separazione delle carriere: c’è chi vi accusa di «intelligenza col nemico».
Per Md i pubblici ministeri devono continuare ad appartenere all’ordine giudiziario e rimanere ancorati alla cultura della giurisdizione. Su questo la pensiamo diversamente dalle Camere penali. Tuttavia, ciò non ci impedisce di trovare nell’avvocatura un interlocutore privilegiato sul tema dei diritti e delle garanzie. Per noi l’essenza della giurisdizione e il fondamento della sua legittimazione sta proprio nel riconoscimento delle garanzie, contro il populismo penale. Su questi irrinunciabili valori riteniamo doveroso costruire alleanze culturali estese con avvocati e giuristi accademici.