«Il segretario Renzi sostiene l’amministrazione Marino». Non è solo un’affermazione pro domo sua, quella che il presidente del Pd Matteo Orfini pronuncia – anzi ribadisce – davanti all’assemblea degli eletti dem comunali e municipali che si è tenuta ieri in Campidoglio. Il muro eretto dal premier/segretario a isolamento del sindaco della Capitale, incoraggiato viceversa dalla platea romana con un lunghissimo applauso, comincia infatti a mostrare molti varchi.

Paradossalmente proprio nel giorno in cui il sondaggio Demos riportato da Repubblica rivela che in caso di nuove elezioni amministrative oggi il 73% dei romani non voterebbe Marino, che perderebbe così il sostegno della metà dei suoi stessi elettori del 2013.

Renzi però sa bene che il vero tracollo è personale, del suo governo bipartisan e di conseguenza del suo partito nazionale. La fiducia nel premier infatti scende, secondo l’ultimo sondaggio Ixè per Agorà (Rai3), dal 33% al 31% mentre quello del governo passa dal 29% di fine maggio al 27% di ieri. Il Pd a livello nazionale invece, come testimonia la rilevazione politica elettorale di Demopolis per Otto e mezzo (La7), perderebbe 9 punti percentuali rispetto alle Europee (scendendo al 32%) e si attesterebbe a un passo dal M5S (25%). Sondaggi non a caso taciuti ieri nell’assemblea degli eletti dem, pesanti come convitati di pietra.

Ecco perché dopo le chiare parole con le quali il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, davanti all’Antimafia ha tracciato qualche giorno fa un cordone sanitario attorno al sindaco Marino distinguendo nettamente l’attuale amministrazione da quella di Alemanno, nell’intreccio illegale con il “Mondo di mezzo”, i toni non potevano che cambiare. Si va avanti, ripete il commissario renziano del Pd romano, fino alla relazione del prefetto Gabrielli che arriverà sul tavolo del ministro Alfano la prossima settimana, in anticipo rispetto al previsto, e «sarà uno spartiacque».

Poi «se vinceremo la battaglia» evitando lo scioglimento per mafia del comune, il lavoro di Orfini per conto di Renzi sarà solo di moral suasion su Ignazio Marino – «serve un salto di qualità», ha ripetuto anche ieri il commissario dem – per convincerlo a un rinnovamento totale della sua giunta, senza «negare i problemi che ci sono, ma nemmeno scaricare tutto solo sull’amministrazione Marino». Ma non sarà facile: il sindaco “marziano” ha già ribadito che «bisogna continuare in quello che riteniamo giusto e non in ciò che conviene. Sono orgoglioso del lavoro fatto e della mia squadra che siete tutti voi», ha detto rivolto agli eletti Pd.

Orfini però – che a differenza del suo segretario rinnova la solidarietà al sindaco per le minacce ricevute – si rivolge anche ai renziani di incrollabile fede: «Oggi il Pd avrà consenso in questa città se l’amministrazione Marino avrà consenso – dice – Se a Roma troviamo la chiave per ricostruire un partito, costruiremo una risposta a qualcosa di più grande offrendo al Pd nazionale e al Paese un nuovo modello. Questo comporta un’assunzione collettiva di responsabilità». E comporta anche uno sguardo più attento alla sinistra, interna ed esterna al Pd.

Occhi puntati dunque sul prefetto Gabrielli, che ieri è stato premiato dall’Onu come campione di «resilienza» quando era a capo della Protezione civile. Interpellato dai giornalisti però non ha voluto anticipare nulla riguardo alla possibile (ma improbabile) richiesta di commissariamento del comune di Roma. Ha detto solo di aver trovato nelle carte degli ispettori «tutte cose già note». Nel fascicolo di oltre mille pagine che sta ultimando di studiare, dice, «c’è tanta di quella roba che basterebbe e avanzerebbe per evidenziare il degrado di molti costumi». Che è cosa diversa, però, dalle infiltrazioni mafiose.

L’assessore alla Legalità della Capitale, Alfonso Sabella, ne è convinto: «Sul piano strettamente tecnico non credo ci siano le condizioni per sciogliere il comune per mafia». Ciò non toglie che dalla relazione di Gabrielli l’ex pm antimafia di Palermo si attende «una grossa critica alla macchina amministrativa di Roma».