Un passo indietro di Italia viva e Forza Italia ha consentito alla prima commissione della camera di chiudere il lavoro sul disegno di legge che introduce una regolamentazione delle lobby. La settimana scorza i renziani e le destre si erano messi di traverso, facendo saltare due vertici di maggioranza e mettendo in forse il destino del provvedimento. Che invece adesso aspetta solo il voto finale in commissione per il mandato alla relatrice e poi approderà in aula il 20 dicembre.

Il disegno di legge introduce il “Registro pubblico per la trasparenza dell’attività di relazione per la rappresentanza di interessi” al quale dovranno iscriversi i lobbisti per svolgere le loro attività garantendo la trasparenza dei lori incontri con i “decisori pubblici”. A questo registro secondo il testo approvato ieri in commissione non potranno iscriversi – e dunque non potranno svolgere l’attività di lobbying – i parlamentari nel corso dell’esercizio del loro mandato e chi ha avuto incarichi di governo nazionale o regionale per un anno dopo la cessazione del mandato. La proposta originaria dei 5 Stelle prevedeva uno stop più lungo: tre anni sia per gli ex ministri che per gli ex parlamentari. Iv e Forza Italia, oltre a votare contro la mediazione che in un primo tempo avevano accolto, avevano minacciato di presentare in aula un emendamento per cancellare anche lo stop di un solo anno.

Sembra adesso che i propositi siano stati abbandonati e c’è ottimismo, sopratutto nei 5 Stelle che sono i primi promotori del provvedimento. «Il parlamento ha l’opportunità di approvare una legge che la categoria stessa aspetta da anni – ha detto la relatrice Baldino (M5S) – e fare in modo che nel nostro paese i processi d’interazione tra lobbisti e politica siano trasparenti e realmente inclusivi». Ieri è stato approvato un emendamento di Fratelli d’Italia che ha ammorbidito il divieto di iscrizione al Registro per i condannati per reati contro la pubblica amministrazione, che prima scattava in ogni caso e adesso riguarderà invece solo «coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per reati contro la pubblica amministrazione, il patrimonio, la personalità dello stato e l’amministrazione della giustizia». Soddisfatto il presidente della commissione Brescia (M5S): «Non è stato affatto banale trovare punti di caduta tra posizioni distanti se non opposte».